Nell'ottava puntata di Tu che sei un fisico parliamo di come e quando si spegnerà il Sole, e, in qualche modo, del destino dell'umanità, e della Vita, l'Universo e Tutto Quanto 🙂
Un po' di materiale per approfondire o per seguire meglio l'episodio:
- Una versione piuttosto chiara del Diagramma di Hertzsprung-Russell:
- Uno schema di sintesi di come evolvono le stelle in funzione della loro massa:
- La canzone di cui parlo nell’episodio è “Canzone per un’amica” di Francesco Guccini, anche nota come “In morte di S.F.”, portata al successo dai Nomadi, anche se io ho sempre preferito la versione di Guccini. Una delle migliori secondo me è quella con cui si apre “Tra la via Emilia e il West” :
Per coloro che amano leggere, è anche possibile scaricare la trascrizione dell'episodio:
Tu che sei un fisico - Episodio 8 - Trascrizione
Non dimenticate: le sole domande stupide sono quelle che non vengono fatte! Mandatemi le vostre domande... Alla prossima puntata.
Mario dice
Leggere questa puntata mi ha procurato un piacere indicibile vuoi per le notizie di scienza accompagnate dai sottili quesiti filosofici del tuo dire e per il richiamo al mitico Guccini che, avendo accompagnato dal vivo i miei vent’anni un pochino mi ha commosso… e quindi grazie!
E a proposito del senso e del fine della nostra esistenza mi sovviene quanto scritto da un grande e indimenticato fisico, il prof. Tullio Regge nell’introduzione di uno splendido libro “L’universo senza fine”, che ogni tanto rileggo.
«Se diamo fede al modello del Big Bang e ai dati osservativi, l’Universo appare infinito ed eterno, colmo di polvere di galassie in espansione. Alla periferia di una tra le più mediocri galassie splende una stellina insignificante: il nostro Sole. Abbarbicata sul terzo pianeta del sistema solare, vive la razza umana, una muffa intelligente, che chiede con insistenza il perché e il fine della colossale macchina cosmica in cui si trova imprigionata. Metafisici e teologi sostengono che l’Universo è stato creato unicamente in funzione dell’uomo e che il resto è un accessorio; altri sostengono la tesi opposta secondo cui il sorgere dell’uomo è dovuto al caso, che la nostra specie è un articolo di minor pregio nel vasto mercato dell’Universo. In breve contiamo nulla. Dove sta la verità?».
Sono sempre stato un fautore della seconda ipotesi.
Marco dice
La questione è annosa e tocca aspetti anche molto intimi delle convinzioni di ognuno, per cui mi ci avvicino sempre con i piedi di piombo. Come dico nell'episodio del podcast, mi pare evidente che l'universo non abbia l'uomo come fine. Che l'apparizione della vita e dell'uomo in particolare, poi, sia dovuta a un processo almeno in parte governato dal caso (basti pensare alle dinamiche dell'evoluzione) mi pare incontrovertibile. Restano secondo aperte questioni legate alla relazione tra caso e necessità (per parafrasare Monod, anche se a sproposito), e della "fecondità" (possibile? Intrinseca? Solo apparente?) dell'universo, che richiederebbe una discussione a parte.
Detto questo, le conclusioni decisamente "nichiliste" di Regge personalmente non mi hanno mai troppo convinto: non penso che siamo un "articolo di minor pregio" né che "contiamo nulla". L'essere vita consapevole di se stessa, qualunque sia la nostra origine, mi pare ci conferisca contemporaneamente dignità e responsabilità. Mi pare che un senso possibile (anche teleologico) di possa cercare e trovare pure accettando le premesse sulle nostre umili origini, anzi, forse proprio accettandole pienamente. Paradossalmente, esistono posizioni anche esplicitamente teologiche che si confrontano con queste realtà, ovviamente rinunciando a presupposti antropocentrici che non sono sostenibili senza rinunciare a un'onestà intellettuale di base (per andare apposta all'estremo opposto di Monod che citavo prima, sono secondo me in questo senso illuminanti per esempio le posizioni di George Coyne, gesuita ex-direttore della specola vaticana).
Mario dice
Concordo sia una questione annosa e su George Coyne. Coyne era uno scienziato illuminato che stimavo. E’ mancato poco più di tre mesi fa.
L’ho scoperto grazie al suo fattivo contributo alla riabilitazione di Galileo Galilei e Charles Darwin. Ricordo anche un’intervista del 2002 in cui Coyne asseriva con grande onestà che la colpa della Chiesa dell'epoca, che non può essere scusata, è stata di non aver lasciato la via aperta alla ricerca, di aver chiuso la questione e temeva (!) che la cosa potesse succedere ancora. Detta da un prete sta cosa fa parecchio riflettere. Era anche critico nei confronti della Chiesa riguardo all’approccio alla bioetica e alla genetica.
Per conto mio trovo poco comprensibile chi parla di dialogo tra scienza e religione. Dialogare vuol dire che chi sta dialogando con me ha un gradiente di verità superiore al mio. Non è una certezza, è un atteggiamento psicologico. Le religioni si considerano detentrici della verità assoluta e quindi di che cosa discutere?
Finché non si arriva a questo depotenziamento del concetto di verità assoluta, i dialoghi non sono possibili. Molto più interessante parlare di Scienza, luogo in cui non esistono dogmi e non si teme la propria negazione.
Roberto dice
Solo per dire ancora una volta grazie per i podcast e relativi post.