Gli amanti del genere lo sanno bene: nonostante gli abiti futuribile, la fantascienza ha raramente come obiettivo il racconto di un domani possibile. L'ambientazione in un futuro immaginato è quasi sempre una scusa per riflettere su paure e tendenze del presente: questa caratteristica è la ragione che fa della fantascienza un genere unico e speciale. In molti casi, però, ne rappresenta anche la debolezza: proprio perché usano il futuro come un'allegoria del presente, molti romanzi di fantascienza invecchiano infatti male, e in fretta. È a ragione per cui, quando mi avvicino a un romanzo di fantascienza scritto decenni fa, sono sempre un po' timoroso.
Quando ho preso in mano Guerra Eterna di Joe Haldeman, proseguendo la mia lenta scalata verso la lettura di tutti i romanzi che hanno vinto tanto il Premio Hugo che il Premio Nebula, avevo proprio questa paura. Stiamo infatti parlando di un romanzo di fantascienza militare, scritto nel 1974 da un ex-militare reduce dalla guerra del Vietnam. L'obiettivo del romanzo, nemmeno molto nascosto, era chiaramente quello di denunciare l'assurdità di un conflitto ancora fresco nelle teste e nei corpi degli Americani, e di raccontare l'alienazione dei soldati che il conflitto avevano vissuto sulla pelle e che, rientrati beli Stati Uniti, faticavano a ritrovare un posto in una società. Le premesse per un racconto potenzialmente datato c'erano tutte. E invece.
Sarà che la guerra è ancora tristemente onnipresente nella nostra realtà globale. Sarà che i conflitti sono sempre assurdi, e non ci sono ragioni (politiche, etiche, economiche) che ne possano giustificare gli orrori. Sarà che la vita di un soldato in guerra non è cambiata molto nel corso secoli, dominata com'è dalla stessa paura della morte e meccanismi simili adottati per tenerla a bada. Sarà forse che Guerra Eterna è semplicemente un bel romanzo, ma io, nonostante l'ambientazione anche scontata e gli anni, l'ho trovato ottimo e piacevole da leggere.
In Guerra Eterna c'è la Terra di un futuro prossimo, e c'è una tecnologia che permette i viaggi interstellari. C'è una razza aliena di cui non sa praticamente nulla, se non che va combattuta e possibilmente sterminata prima che faccia lo stesso con l'umanità. C'è un'esercito di soldati d'elite, selezionati tra i migliori uomini e le donne del loro tempo, e addrestrati senza troppa pietà a essere perfette macchine da distruzione. E c'è, naturalmente, la guerra.
I soldati di Guerra Eterna si spostano tra i diversi campi di battaglia su navi spaziali che viaggiano a velocità prossime a quelle della luce. Quando rientrano sulla Terra, e il protagonista del romanzo lo farà un paio di volte in pausa tra le diverse campagne del conflitto, hanno vissuto un tempo proprio molto più breve di quello trascorso invece sul pianeta madre, a causa degli effetti relativistici legati agli spostamenti a velocità quasi luminali. Mentre i soldati invecchiamo di qualche mese, sulla Terra passano i secoli, la società cambia radicalmente, e al ritorno l'integrazione è quasi impossibile. Haldeman sfrutta quello stesso fenomeno fisico, la dilatazione dei tempi, con cui anche il recente Interstellar ha giocato, ma quante differenze nell'uso narrativo! Se il film di Nolan glissa velocemente sullo spaesamento temporale, piuttosto neutro e indolore per il protagonista del film che attraversa i secoli senza invecchiare sensibilmente, Haldeman si fa completamente carico delle conseguenze del paradosso relativistico, e le usa per raccontare una società incapace di capire, accogliere e integrare i reduci dei conflitti, irreversibilmente separati dal mondo che hanno lasciato e che non possono più ritrovare. Come se il diverso scorrere del tempo e le sue terribili conseguenze (amici e parenti morti, impossibilità di relazioni se non con i compagni di viaggio e combattimento) non bastassero a incidere nello stomaco del lettore lo straniamento del reduce, Haldeman rincara la dose, immaginando il ritorno a una Terra dove la società è talmente diversa da quella da cui i soldati sono partiti da aver messo al bando l'eterosessualità, e da aver promosso e imposto l'omosessualità a comportamento dominante. Le ragioni accampate nel romanzo, legate al controllo delle nascite, sono veramente secondarie all'obiettivo narrativo: anche questa mossa serve a raccontare una distanza incolmabile, e una terra d'origine ritrovata più aliena che i mondi da cui si torna.
La guerra è sempre una schifezza. Nonostante per i protagonisti di Guerra Eterna ci sia una sorta di lieto fine, resta il finale a sottolineare quanto i conflitti siano sempre privi di senso. Nelle pagine conclusive del romanzo si scopre che la guerra, durata più di 1000 anni terrestri (perlomeno dal punto di vista di chi l'ha guardata da casa, da un campo e dall'altro), è iniziata con una scusa o un malinteso, e proseguita a causa dell'incapacità di comunicare delle due razze:
The 1143-year-long war had been begun on false pretenses and only continued because the two races were unable to communicate. Once they could talk, the first question was “Why did you start this thing?” and the answer was “Me?"
La guerra durata 1143 anni era cominciata con un equivoco, ed era continuata esclusivamente perché le due razze non erano in grado di comunicare. Non appena furono in grado di parlarsi, la prima domanda fu: "Perché hai cominciato?" e la risposta: "Chi? Io?"
Nella lista dei romanzi che hanno vinto sia il Premio Hugo che il Nebula ce n'è un altro di Haldeman: Pace Eterna. Scritto più di vent'anni dopo Guerra Eterna, pur non essendo tecnicamente un seguito di Guerra Eterna ne è il successore spirituale: magari lo leggo nelle vacanze estive.
isapinza dice
Grazie 🙂
Mi hai dato un suggerimento su cosa leggere dopo il ciclo della Cultura di Iain Banks ( che francamente non mi è piaciuto poi tanto..)
Marco dice
Attenzione, c'è gente che passa da queste parti che potrebbe ucciderti per un'affermazione del genere! 😉 (hai letto tutti i romanzi della Cultura? Io sono un po' indietro...)
isapinza dice
Mi manca l'ultimo che ho solo in inglese (e quindi ci metto un po di più a leggerlo )
Non ho detto che è brutto è che... non so come dire..mi ha lasciata insoddisfatta, tante storie e personaggi lasciati in sospeso. I nomi delle navi comunque sono fantastici 🙂
Zar dice
A me è piaciuto tantissimo questo romanzo (e molto meno i suoi seguiti...). L'uso degli effetti relativistici per sottolineare l'assurdità della guerra è stato una bella idea.
Massimo dice
Marco, il libro è un romanzo oppure a fumetti?
Marco dice
È un romanzo, anche se in effetti ne è uscita anche una riduzione a fumetti (che non ho letto).
Nicola dice
Non toccatemi il ciclo della cultura eh! 🙂
Scherzi a parte, ho letto Guerra Eterna giusto qualche mese fa, condivido appieno quanto hai scritto. Davvero un bel libro, mi sono gustato le descrizioni delle armi, in particolare delle retro-futuristiche "armature", mi ricordavano tantissimo i marine spaziali di StarCraft e in generare di Warhammer 40k.
Tra l'altro pare che uscira' un film, ad opera della Warner: http://deadline.com/2015/04/channing-tatum-the-forever-war-movie-richard-edlund-1201418549/
GIGI dice
Forse te l'ho già chiesto. Hai letto le due raccolte di racconti brevi "Le meraviglie del possibile"? Credo di sì, perché uno dei racconti: "Fiori per Algernon" ha vinto il premio Hugo.
Da molto tempo non leggo più fantascienza, ma quei racconti (forse perché sono stati fra i primi) mi sono rimasti scolpiti nella memoria.
Ora vado fuori tema, ma sempre di letture si tratta. Hai letto l'ultimo numero di MicroMega, (il 5)? Anche in e-book. Devi regalarlo alla zia Omeopatica!
jegger dice
Un bel libro veramente.
Meritevole dei premi Hugo e Nebula!
Emanuele dice
Salve, fisicamente come ha trovato l'idea dei viaggi sfruttando le collapsar?
Il grosso dello sfasamento temporale è dovuto ai "salti" ma non sono riuscito a capire perché ad ogni salto decine se non centinaia di anni di tempo oggettivo vengono persi dai protagonisti.
Marco dice
Mi sembra che le collapsar assomiglino molto ai wormhole (come quello di Interstellar): scorciatoie che uniscono punti lontani dello spazio(-tempo). Tra il tempo guadagnato con quelle e i percorsi a velocità quasi luminali con le navi (quelli con le accelerazioni enormi, e le loro anche tragiche conseguenze), i militari viaggiano di fatto a velocità ultrarelativitiche, da cui la dilatazione del loro tempo proprio. Le
Collapsar sono naturalmente un artificio, però mi sono sembrate sufficientemente "leggere" (ovvero senza troppi tentativi di spiegazione che non fosse solo vagamente plausibile) da svolgere la loro funzione narrativa senza distrarre, come mi aspetto dalla buona fantascienza.
yopenzo dice
Marco, per restare in argomento, tu certo conosci quel pistola del Max Tegmark, e con buona probabilità hai già comperato e letto il suo Our Mathematical Universe.
Se cosi' non fosse posso, potrei, allegare un link al mio googledrive per scaricarlo epub o kindle, per chi volesse, ma forse anche no, che magari vai nei pasticci, non so.
Se mi dai l'ok, allego...
Ciao
y
Marco dice
Conosco Tegmark ma non ho letto quel libro in particolare, che (lo dico e lo nego subito dopo) potrebbe pure interessarmi. Detto questo, penso che non sia sano darci a questo genere di scambi in pubblico e su questo sito, per cui facciamo che, se ti va, ne riparliamo in privato, e se qualcuno dei lettori di Borborigmi volesse partecipare allo chiacchiera me lo fa sapere direttamente, ok? 🙂
isapinza dice
Finito pure Guerra Eterna ( in italiano, confesso) non trovo la versione ebook del seguito in italiano però. Su Amazon ci sono diverse edizioni in inglese ma non sono sicura quale sia quella "giusta" perchè ci sono anche diversi volumi di "Guerra eterna", ma è un ciclo? Mi sono persa uscendo da una collapsar ^_^
P.S. ma l'umano perfetto? Ne vogliamo parlare?
P.S. del P.S. che mi consigliate di leggere ora?