Che a inizia Maggio sono stato al Salone Internazionale del Libro di Torino, ve l'ho già raccontato. Al Salone sono andato principalmente per incontrare il mio editor, ma, una volta a Lingotto, di fatto ho bivaccato tra gli stand per 48 ore di file. Sono soprattutto passato da un incontro e l'altro, perché al Salone si può certamente andare per far collezione di cataloghi e per comprare libri, ma le cose più interessanti sono le conferenze degli autori, le presentazioni, i dibattiti.
Prima di partire mi ero fatto un programma densissimo, pensando fosse possibile saltare da una stanza all'altra in pochi minuti, e che ci fosse sempre posto in ogni sala anche arrivando all'ultimo. Mi sono presto reso conto, dopo in paio di porte chiuse in faccia (quelle che ho rimpianto di più: Steve McCurry, che aveva una coda che attraversava un intero padiglione, e Douglas Hofstadter) di dover ridimensionare i miei piani. Sono però riuscito a sentir parlare, tra gli altri, i matematici di 40k (e ho finalmente incontrato dal vivo una quantità di persone finora solo incontrare in rete), Concita De Gregorio con il figlio (ed è quasi più simpatico lui!), Marco Malvaldi, e, soprattutto, Marino Sinibaldi, che presentava il suo libro intervista "Un millimetro in là" (che, tra l'altro, è uscito per la stessa casa editrice che pubblicherà Particelle Familiari: posso dire che siamo compagni di scuderia?).
Di ritorno dal #SalTo14: pochi acquisti mirati, tanti incontri, voglia della cultura combattente di @marinosinibaldi pic.twitter.com/CmK4ZmHSDY
— Marco Delmastro (@marcodelmastro) May 11, 2014
È da quando sono ritornato dal Salone che ho due o tre idee in testa, maturate tra la presentazione del libro di Sinibaldi e le chiacchiere in giro per gli stand. Sono confuse e in stato embrionale, ma voglio provare ugualmente a buttarle giù, non fosse altro che per ricordarle meglio.
Sul ruolo della cultura, e su come la interpretiamo. È il tema centrale del libro di Sinibaldi, alla cui lettura vi rimando per tutte le sfumature. A me preme sottolineare un contrasto che ho percepito durante la presentazione, in particolare tra il modo di intendere e declinare la cultura di Sinibaldi, e quello invece proposto da Gustavo Zagrebelsky, che gli faceva da contraltare durante il dibattito. In quell'occasione, mi è sembrato che Zagrebelsky ricoprisse molto bene il ruolo dell'intellettuale millenarista, arroccato sulla torre d'avorio, lamentoso della condizione attuale di sfacelo, e laudator temporis acti. Gli ho di fatto sentito dire che la cultura è un bene da difendere dagli attacchi dei barbari; che le giovani generazioni sono soltanto ignoranti; che i nuovi mezzi di diffusione della cultura - la rete, il libro digitale - sono esclusivamente negativi; che il primato rimane esclusivamente a una cultura declinata in modo tradizionale. Di fronte a queste posizioni, Sinibaldi ha invece deliberatamente scelto una posizione di mediazione curiosa, non lontana da quella raccontata da Baricco nei sui Barbari. La cultura evolve e si esprime con mezzi diversi; le nuove tecnologie non sono demonizzare quanto da imparare a usare, fosse anche solo per contrastarne certi aspetti deleteri; non si può evitare il ricambio generazionale, che è invece doveroso, e l'ignoranza delle nuove generazioni è anche libertà da fardelli pesanti, che permette potenzialmente di volare più lontano. La cultura resta in primo luogo un strumento di battaglia, certo contro l'esterno, ma in primo luogo contro se stessi, e le nostre miserie e piccolezze. E, visto la cultura non ha oggi più quel ruolo di ascensore sociale che ha giocato per la generazione di Sinibaldi, occorre lavorare perché torni ad averlo. Sono posizioni che mi piacciono, che mi sento di condividere.
Sul tono e i modi della cultura (e, in parallelo, della politica). Scegliere di abbandonare i toni millenaristici (in difesa della cultura, ma non soltanto) ha una conseguenza positiva che mi sembra importante. Non elimina infatti il conflitto, che ha tutte le ragioni di esistere, rimuove però quelle figure che sul conflitto esclusivamente urlato, becero e superficiale hanno costruito la loro ragione di essere. Se a Ratzinger sostituite Bergoglio, lo spazio occupato da qualcuno come Odifreddi, nel ruolo di fustigatore di costumi pseudo-cattolici, si riduce enormemente. Se Berlusconi e una certa corte di macchiette escono dalla scena politica, il ruolo di qualcuno come Travaglio, che ha fatto dell'anti-berlusconismo antagonista la sua esclusiva cifra politica, resta enormemente ridimensionato. Il che non significa aderire alle posizioni di Papa Bergoglio o di Matteo Renzi, anzi. Vuol dire evitare di ridurre tutto il dibattito culturale e politico esclusivamente al lamento, all'accusa, alla beffa, allo sprezzo, e scegliere invece un conflitto costruttivo, che ha come obiettivo il cambiamento (e non la glorificazione sterile delle proprie posizioni) come scopo della proprio partecipazione.
Che teneri quelli che hanno scoperto solo ieri che Travaglio sta a Berlusconi come Odifreddi sta al Papa.
— Amedeo Balbi (@amedeo_balbi) January 11, 2013
Sugli attori della cultura (e, in parallelo, della politica). Ho quarant'anni, e faccio parte di quella generazione che ha vissuto per troppo tempo all'ombra dei proprio padri. Faccio parti di coloro che sono stati precari fino a 35 anni (non necessariamente io, che sono un privilegiato, ma la media dei miei coetanei si aggira da quelle parti), a cui hanno ripetuto fino alla nausea "sei troppo giovane per...", e che hanno sviluppato una forma di autocensura rispetto a quello che possono fare, dire, ottenere. Al Salone però visto sempre più amici e conoscenti seduti dall'altro lato dei tavoli, a presentare i loro lavori, a discutere, mettere in piedi, partecipare, e non soltanto più ad ascoltare, assorbire e dibattere lavori e idee di altri . Ho avuto, forse per la prima volta, la sensazione chiara che ci sia spazio per fare cultura da protagonisti, e non solo per fruirne da spettatori, e che questo spazio possa essere utilizzato bene (ehi, persino io ho scritto un libro!). Il tempo della timidezza è finito? Riusciremo a farlo terminare anche in ambito politico?
Alberto Ferrero dice
Caro Marco, quanto da te scritto mi lascia un po' perplesso. Per prima cosa, trattare Zagrebelsky come se fosse null'altro che un vecchio trombone, mi sembra oltremodo ingeneroso: in fondo è uno dei pochi intellettuali che ancora riesce ad argomentare seriamente contro le derive di questo nuovo-ma-molto-vecchio, tutto italico, tipico di ogni parvenu, che sembra volersi imporre prepotentemente, con tutto il suo corteo di rottamatori al seguito, sulla ribalta del nostro contemporaneo.
Poi tu dici "l'ignoranza delle nuove generazioni è anche libertà da fardelli pesanti, che permette potenzialmente di volare più lontano". Per me l'ignoranza è ignoranza e basta, senza determinazioni dovute all'età, e penso che il "volo", in quelle condizioni non possa essere che molto corto. La conoscenza è sacrificio, e penso che un fisico lo sappia molto bene, e permettersi una qualche forma di ignoranza non può non sortire, prima o poi, a qualche disastro; a meno che uno non sia un genio, ma si sa che questo succede abbastanza raramente da non essere statisticamente significativo.
Sui nuovi media hai ragione, bisogna imparare ad usarli: io direi meglio, bisogna imparare a "piegarli" perché siano strumenti di cultura e non solo di svago e di informazione nella sua connotazione peggiore di minestrone di fatti, più o meno veri ma presentati in modo del tutto decontestualizzato, acritico, un minestrone indigesto di cui alla fine non si può non dire che "la sera tutti i gatti sono bigi". In fondo l'information technology, quando è nata, a quello mirava, non certo ad essere un emulo di Gutenberg.
E forse questo intendeva Zagrebelsky, e con lui tutti gli intellettuali "millenaristi", che mi sono comunque molto più simpatici dei "nuovi barbari", talmente flessibili al nuovo da essere poi null'altro che banderuole senza una meta a cui tendere.
E' un modo di vedere "vecchio"? Forse. Probabilmente l'unica cosa che ci sarebbe da rimproverare a questa generazione di "millenaristi" è quella di non aver voluto mettersi addosso i panni del maestro, così come avevano fatto quelle precedenti, con il risultato di aver fatto il vuoto intono a sé. Specie quando poi molti di loro si sono ordinatamente ritirati nel privato a farsi i fatti propri, deresponsabilizzandosi e lasciando spazio alla peggior incultura (per non dire altro) politica e intellettuale di questi ultimi quarant'anni. Forse un retaggio del '68 (e del '77), dove si credeva per davvero, rispetto a questo punto, che "la sera tutti i gatti sono bigi".
Gli urlatori e gli sbeffeggiatori: sono d'accordo, ma cosa c'entrano con figure come quelle di cui sopra? Direi che ne sono piuttosto agli antipodi.
Giusto per finire con una banalità (ma forse non troppo): occhio sempre a non buttare via il bambino con l'acqua sporca!
Riccardo dice
Ciao Marco, l'ultimo posto in cui avrei pensato di vedere nominata la politica... comunque, sto appena dopo i quarant'anni, non so bene se considerarmi tra i giovani oppure tra i vecchi, ma sono d'accordo sul fatto che i giovani oggigiorno sono abbastanza "ignoranti", di un'ignoranza mirata comunque, io stesso sono ignorante come una capra sui modelli nuovi di i-phone o sul calendario delle partite di pallone, e mi interesso di cose che se stiamo a guardare sono assolutamente inutili (per me che faccio un lavoro "normale"); quando conosco la forma di tutti gli orbitali atomici, quando conoscendo la distribuzione della materia oscura mi cerco mie idee e spiegazioni su quello che potrebbe essere in realtà, quando si cerca di dare una spiegazione razionale alla meccanica quantistica, sinceramente, al fine pratico non serve a nulla...serve a farmi stare bene, e ho scelto questa strada perché credo siano queste le cose importanti.
Penso che il problema sia proprio qui, i ragazzi di oggi considerano importanti cose diverse e devo dire abbastanza patetiche. Bisognerebbe spostargli l'interesse e la curiosità sulle cose importanti, ma come se la curiosità non nasce da sola?
(a proposito, tornerai a parlare anche di fisica?)
Ciao e grazie del tuo tempo...
Marco dice
@Alberto: Non voglio certo trattare Zagrebelsky da vecchio trombone, ci mancherebbe, ma quella descritta là sopra (con tutte le scorciatoie del caso) è l'impressione che mi ha fatto: quella di qualcuno molto intelligente e preparato, ma altrettanto poco prono a mettersi in dialogo con realtà con cui è evidentemente poco a suo agio. E anche la lettura del suo libro ("Fondata sulla cultura", che si scorge nella pila nella fotografia) mi ha in buona parte confermato la sensazione. Leggo dalle mie note (perché io prendo appunti anche anche alle presentazioni dei libri, deformazione professionale):
Zagrebelsky: "quale relazione tra le generazioni: le giovani generazioni sono ignoranti perché evitano il peso della tradizione"
Sinibaldi: "Ogni generazione ha il dovere e la responsabilità di spingere la storia più in là. Non ignoranti, ma liberi dal peso della tradizione"
A prescindere, sulla tua conclusione rispetto alla generazione di "millenaristi" che hanno fatto il vuoto intorno siamo d'accordo, ed è il senso del mio ultimo punto. Ma non è forse proprio un modo di sterilizzare la cultura, di renderla inutile, o, peggio, fine a se stessa?
Marco dice
@Riccardo: e perché mai questo è l'ultimo posto in cui ti saresti aspettato di sentire parlare di politica? C'è una categoria pomposamente battezzata "Militanza" fin dai primi giorni del blog. E comunque, tutto è politico, avrebbe detto qualcuno qualche generazione fa (anche la fisica, e il modo di guardare il mondo che insegna).
Quanto alla curiosità, non ho ricette da proporre, ma so che certe cose si imparano ad amare con gli assaggi giusti, e la pazienza dei maestri. Forse la scuola dovrebbe avere un ruolo diverso.
P.S. E si, si parlerà ancora di fisica in queste pagine. Ma siccome ho appena finito di scrivere e riscrivere un libro sull'argomento, sto un attimo riprendendo fiato 🙂
Riccardo dice
Non lo so, mi sono sempre sembrati due argomenti agli antipodi, dopotutto una è un 'opinione, l'altra no...la fisica, e le scienze in generale, elevano le persone illuminate, la politica eleva personaggi davvero squallidi molto spesso, che di illuminato non hanno niente... e dopo questa divagazione sul nulla, scusa Marco e grazie e buon lavoro, non vedo l'ora di leggere il libro...
Martino dice
Ti è scappato un "ma però".
Marco dice
@Martino: corretto 🙂
Marco dice
@Riccardo: non sono d'accordo. Penso che l'attitudine al pensiero scientifico possa informare e orientare le decisioni politiche. E penso che le cose non sono tutte bianche o nere come le dipingi, in entrambi i campi.
Claudia dice
Ciao Marco,
la tua descrizione del dibattito tra Sinibaldi e Zagrebelsky mi ha fatto ricordare una serata di Pugilato Letterario di qualche anno fa, in cui Raul Montanari e Tiziano Scarpa sono saliti sul "ring" sfidandosi pro e contro i "Promessi Sposi" di Manzoni: una serata di CULTURA bellissima!
Buon pomeriggio.
Claudia
"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza"
[Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto XXVI, vv. 118-120]
Marco dice
Eh eh eh, cara Claudia, ci credi se ti dico che la citazione di Dante è sull'ultima pagina del mio libro? 🙂
luigi dice
Per un laureato di fine anni '60, sparato fuori dall'orbita [spin off] della fisica, verso un viaggio autonomo nell'informatica che potè avviare un #dialogo_operativo con l'utente ricercatore nel mondo delle particelle, i millimetri non c'entrano; si dovrebbero invece chiamare in causa gli elettronvolt
Me lo fa pensare la frase a pag 88 ... avremmo bisogno di users esigenti, ricchi (di domande prima che di denaro) e produttivi. ...
Lorenzo dice
Sul ruolo della cultura, e su come la interpretiamo.
La cultura fine a sè stessa è come il cinema d'autore, ossia un modo per darsi il gomitino fra amici, ridendo dei sottotesti e facendo l'occhiolino agli omaggi fra di loro.
E' un po' come leggere i libri di Eco.
Di certo ti mettono voglia di imparare, ma, a mio avviso, solo perchè ti senti inferiore e vuoi elevarti al rango del simpatico amico per poter poi dare il gomitino e ridere e sorridere di chi verrà dopo.
Chi detiene la cultura ha l'obbligo di divulgarla. Non siamo più in un sistema schiavistico come quello greco dove i cittadini liberi avevano tutto il tempo per imparare e filosofeggiare; la scuola, altresì, non può comprendere tutti gli aspetti dello scibile umano.
Che scendino gli stoici millenaristi e si confrontino con le nuove generazioni; il resto è solo fuffa. Abbiamo anche il vino buono!
Tutto ciò che fa l'uomo è politica; scegliere un corso didattico rispetto ad un altro è politica.
La fisica è politica. Cambia la percezione di ciò che ti sta attorno, come può non essere politica?
I più grandi matematici e fisici del passato erano solitamente anche filosofi (di nuovo l'antica grecia fa da padrone) e la filosofia non è politica?
luigi dice
Cultura come bene di consumo o come bene da acquisire?
Sul Venerdì di Repubblica di ieri [n. 1379 non ancora online] Alessandro Bergonzoni parla di Internet come di una trappola per scopi e di nativi digitali e quali ... centrando il problema da par suo.
La cultura come processo di acquisizione di conoscenza - da vivere - è completamente scomparsa dal nostro "orizzonte" ... tra virgolette ... perché il programma quadro della Commissione Europea "Horizon 2020" lascia capire che - per rivederla - non ci si possono aspettare interventi istituzionali.
Lorenzo dice
Luigi,
ho letto adesso lo specchietto (http://data.kataweb.it/storage/periodici/venerdi/pdf/1379/VEN_8_9.pdf) e ti giuro, mi ha fatto più che altro sorridere.
Più che altro perchè tale Alessandro Bergonzoni (di cui ignoravo l'esistenza, ahimè!) crede che Facebook sia Internet.
E questo blog non lo considera nessuno?
Su Horizon 2020 non capisco la critica, ma rispondo per quello che ho intuito.
80 miliardi di euro in 7 anni non sono moltissimi per la ricerca, ma neanche briciole. C'è di peggio.
Inoltre credo che parte di quei soldi vadano all' European Research Council ( http://erc.europa.eu/about-erc)
Marco dice
Mah, sullo stesso Venerdì qualche tempo fa era uscito un inaspettato e lusinghiero articolo su questo blog 🙂 Le anime di Repubblica e affini sono molte, e probabilmente non tutte vedono e comprendono la rete allo stesso modo. Penso per esempio che la gente di Kataweb (Mario Tedeschini Lalli, per citarne uno che conosco di persona) capisca i meccanismi del digitale un po' meglio del pur ottimo Bergonzoni!
chiarofiume dice
Per rispondere alla domanda
E questo blog non lo considera nessuno?
vorrei assumere un'identità virtuale e ... "condivisibile", nel senso che ...
"le cose da dire con un'identità virtuale si possono dire solo in modo approssimativo, magari anche [comunicativamente] sbagliato; quello che conta è l'intenzione; se possono esserci "intenzioni" realizzabili solo "aiutandosi l'uno con l'altro" allora questa potrebbe essere una buona occasione per cercare di darsi - e di condividere - un'identità virtuale".
Avevo già da tempo immaginato di potermi riconoscere in un certo signor Chiarofiume, che vorrebbe condividere l'intento di emulare, per le interfaccia "persona - persona", le imprese del sig Nicholas Negroponte, nell'ambito delle interfaccia "uomo - macchina".
Nel libro di Sinibaldi, che mi ha permesso di scoprire Particelle Familiari e questo [we]B Log, ho poi trovato una nuova motivazione per la scelta del nome "Chiarofiume": la citazione di un non ancora [a me] noto sig Nicola Chiaromonte, secondo il quale [pag. 4, con rif. a Platone]
dalla caverna non si esce in massa, ma solo uno per uno, aiutandosi l'un l'altro..
Il fatto poi che entrambi quei signori si chiamino Nicola aggiunge senso alla mia scelta: è il nome di mio figlio che, per una laurea in Scienze Politiche, vent'anni fa, usò un testo intitolato Pragmatica della Comunicazione Umana.
Non sono mai riuscito a far capire a questo bel campione di quarantenne [da poco padre di due gemelli] perché, in quel testo, si può trovare il nocciolo del problema [sociale] creato da Internet e dall'uso prevalente che ne facciamo.
A questo punto faccio una pausa; per andare avanti devo collegare "le cose che vorrei dire" con la descrizione del "metodo scientifico", letta e annotata sulla versione Kindle di Particelle Familiari; vorrei servirmene al fine di rispondere a Lorenzo su Bergonzoni e sul Programma Quadro Horizon2020.
Qualcosa comunque dovrei aver già iniziato a far capire: questo [weB] Log l'ho preso in considerazione per una sua potenziale evoluzione da Blog a Ylog, cioè uailog [interoperabilitY] Log.
[nonno] Luigi
PS - non capisco cosa devo fare per recuperare il ink al Gravatar di Chiarofiume, che era comparso in un precedente commento del mio io reale 🙂
Marco dice
Urca urca urca, Luigi, quante cose! Devo andare a leggere e scavare prima ancora di poter pensare di esprimermi. Nell'attesa, chissà se mi chiarifichi che cosa intendi per Ylog?
chiarofiume dice
Non rischiare il tuo tempo Marco; aspetta che io abbia detto alcune altre cose a Lorenzo.
L'idea di Ylog la si può intuire facendo un'intersezione fra Blog e Wiki; immagina una roba per condividere Action Items [come lo diresti in italiano?], simile a Wikipedia, dove le voci di un'enciclopedia sono sostituite da "verbali di riunione[?]"; scommetto che ci sono situazioni pratiche [specifiche] già gestite in quel modo.
Se certi post di un blog fossero documenti Wiki, o documenti Google Drive, da far evolvere in modo "cooperativo", per me quel blog potrebbe essere un ylog.
PS - il trucco per l'avatar è l'indirizzo email con il punto :-))
Lorenzo dice
Due cose veloci;
1) Chiarofiume-Luigi hai cancellato il tuo post precedente;
2) Il blog è per definizione una sorta di diario di bordo condiviso: cambiarlo renderebbe questo blog qualcos'altro e ciò è solo di competenza dell'autore. Esistono già dei Social Blog, dove chi scrive sono gli utenti - prova Lega Nerd.
chiarofiume dice
Lorenzo,
la sparizione del post commentato da Marco, per chiedermi cosa intendo per Ylog, è stata involontaria.
Quello che avevo scritto l'ho inserito in una mia simulazione di documento di lavoro, per cercare di adeguarlo alle cose da dire.
Vedrò se mi riesce di mettere ordine nel guazzabuglio che contiene.
Probabilmente ci rinuncerò.
Non intendevo comunque suggerire il cambiamento di questo Blog e neppure criticare il Programma Quadro Horizon2020.
Lorenzo dice
Luigi,
non sto capendo più niente. Per favore amplia e spiega questo tuo passaggio:
"La cultura come processo di acquisizione di conoscenza - da vivere - è completamente scomparsa dal nostro "orizzonte" ... tra virgolette ... perché il programma quadro della Commissione Europea "Horizon 2020" lascia capire che - per rivederla - non ci si possono aspettare interventi istituzionali."
[Da quello che capisco io dici: "la cultura come processo di acquisizione di conoscienza è completamente scomparsa perchè, come possiamo evincere dal Programma Horizon 2020, neanche le istituzioni ci scommettono più sopra e per rivederla, questo tipo di cultura, non bastano gli amatori".]
chiarofiume dice
Posso provare a risponderti in inglese Lorenzo?
L'altro giorno ho scritto in un'email, che ora non ho tempo di tradurre:
As a 74 year old citizien i wish i could contribute to my grand kids' education, when it comes to their relationship with ICT.
An impossible task, considering i could not contribute to that kind of education for my own kids, their parents.
The barrier i have been hitting against has been growing steadily, since 1983.
Saying why is not easy, and giving it a try would be rated as useless by a programme like Horizon 2020 ... which aims at ...
breaking down barriers to create a genuine single market for knowledge, research and innovation ..
There is no market for my knowledge of [quoting myself after Patrick said he likes the definition]
"the cooperative environment, which Universities and Research Institutions were sort of obliged to set up, because it was required by the need to achieve and maintain the collaborative use of supercomputing for research purposes".
Yet, if i look at SSH >> Europe in a changing world >> Socio-economic Science and Humanities >> ICT-enabled public sector innovation >> Vision for public services >> Pillar II - Interoperability & Standards [broken link as far as i can see] ...
i sense this Framework Programme "grand design" is at risk of leading to further cultural fragmentation and disgregation.
How comes ... the Web was invented by an IT-enabled scientific research sector .... without any "framework programme" pushing for its innovation????
A forgotten report shoud have told the Commission, back in 1993, that Interoperability cannot be achieved by technical standardisation work only; process work based on user involvement must be dealt with, but Industry refused that perspective and the Commission obliged ..... Nothing new on that front, as far as i can see ...
What trick does it take to overcome this type of barrier?
Secondo me, per restare nell'argomento di questo post, ci vorrà un salto quantico [culturale].
La versione italiana di queste mie elucubrazioni potrei decidere d'inserirla nella mia simulazione di documento di lavoro, sooner or later 🙂