Abbiamo della felicità un'idea timida e intermittente. Parlarne è difficile, come parlare di Dio. Ogni parola la immiserisce, ne dissolve l'incanto. Impossibile classificarla, quantificarla. Al massimo possiamo tentare delle perifrasi, delle allusioni, nominandola con cautela. Ne parliamo soltanto al passato, quando ci ha abbandonato, forse per punirci di non esserci accorti della sua presenza. (...)
La felicità che (...) perseguiva era di qualità langarola, insieme terragna e umbratile, di lunghe radici e leggera come una foglia. Era il piacere che nasce dall'accudire una vigna, tirare su un muro, costruire una stalla modello, una tinaia. Era il gusto di inseguire qualcosa che aspetta al di là dell'orizzonte conosciuto, di scovare prima degli altri le cose che stanno nascendo e maturando. Correre senza fermarsi, non accontentarsi mai, guardare sempre una avanti, rilanciare la posta.
da "I migliori anni della nostra vita" di Ernesto Ferrero (un ottimo libro per iniziare l'anno)
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