Cheryl esce dalla foresta tre mesi e 1600 chilometri dopo. Trasformata dal viaggio, dalla fatica, dalle ferite, dalla paura, dallo sfinimento, dalla lentezza dell’andare, dalla fuga, dall’umiltà necessaria per tagliare il traguardo. «Wild», il libro che racconta la sua storia, è arrivato sul mio comodino dritto dritto da una libreria di Aspen, Colorado.
Il mondo è pieno di strade lunghe, ripide e polverose da percorrere in silenzio. E tutti noi dobbiamo prima o poi trovare il coraggio di scoprire dove vanno.
Io, quando viaggio, finisco sempre a cercare una libreria nei posti in cui finisco. Ad Aspen sono stato fagocitato dall'Explore Book Seller, che da fuori sembrava una casa americana a due piani anonima e qualunque, e che dentro nascondeva invece segreti di stanze dalle pareti completamente ricoperte di libri, libraie gentili e appassionate che sembravano uscite da un romanzo di Nick Hornby, e un bistrò mica male infilato al primo piano. Ho portato a casa diverse cose, tra cui quel Wild di cui scrive Irene, la cui ultima copia disponibile mi è stata letteralmente incollata in mano da Minerva McGonagall, e che mi è stato caldamente riconsigliato alla cassa da una Liv Tyler spilungona, nel caso avessi ancora dei dubbi.
È tardi, ma prima di andare a dormire assaggerò ancora qualche pagina del libro che mi accompagna in questi giorni. Il libri ci salvano, si fanno barriera, rifugio, coperta, in quelle giornate in cui il mondo morde, la realtà rovescia e calpesta le aspettative, la vita sembra riservare soltanto dolore e disincanto. A volte i libri sono l'unico spazio di speranza possibile, quando fuori dalle pagine le ultime gocce sembrano esaurite. Uno spazio da percorrere in silenzio, nella fatica.
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