Il mio progetto di leggere tutti i romanzi che abbiamo vinto sia il premio Hugo che il premio Nebula avanza. Piuttosto lentamente, ma avanza. Tra le molte ragioni per cui il progetto non si muove al ritmo che mi piacerebbe, ci sono da una parte il fatto che le mie capacità di lettura serale (dopo aver lavorato, cucinato, giocato con la pupa e messala poi a nanna, magari lavorato ancora) di questi tempi sono piuttosto ridotte; e dall'altra il fatto che sono rimasto intrappolato nella lettura del ciclo di A Song of Ice and Fire, da cui è difficile staccarsi. Ma insomma, nonostante l'inverno stia arrivando, ho fatto qualche passo avanti.
Per esempio, sul finire dell'estate ho infatti completato la lettura di Ringworld, il primo di una serie di romanzi di Larry Niven. Ora, mi rendo conto di stare per commettere un reato di lesa maestà (come può essermi dispiaciuto un romanzo che ha vinto l'Hugo e il Nebula?), ma a me Ringword non è piaciuto mica tanto.
Chiariamoci, l'idea di partenza è geniale e stimolante. Siamo in un universo in cui l'umanità è diventata una specie longeva e tecnologicamente avanzata, ha viaggiato nello spazio ed è entrata in contatto più o meno pacifico e proficuo con altre specie aliene. In questo ambiente cosmopolita nasce il viaggio di una ciurma composta da due umani e due alieni: l'uno membro di una specie di tigroni aggressivi, più o meno da sempre in guerra con l'umanità; l'altro, l'ideatore della spedizione, membro di una specie di cavalli a tre zampe e due teste, super-intelligenti ma costituzionalmente pavidi (questi alieni sono noti come i burattinai, da cui il titolo in italiano). Lo scopo del viaggio - non penso di rovinare la sorpresa a nessuno - è investigare l'origine e le ragioni dell'immenso Anello in orbita intorno a una stella, che la razza dei cavalli tripodi-bicefali ha scoperto in un angolo dello spazio durante la fuga dal centro della galassia in esplosione. L'Anello, per intenderci, è un po' come una sfera di Dyson dei poveri.
Chiudo un occhio su alcune scelte narrative veramente poco credibili (la ragazza reclutata nel viaggio perché geneticamente fortunata? Gli equini tripodi-bicefali-pavidi-per-natura che si mettono a spostare ben cinque pianeti dalla loro orbita per trasformarli in un'astronave di taglia planetaria? Davvero?): il mistero dell'immensa struttura circolare che circonda una stella, opera ingegneristica di dimensioni impensabili e annichilenti, sarebbe di per sé veramente intrigante, e le implicazioni tecnologiche e sociologiche che l'esistenza di oggetto del genere solleva sono potenzialmente enormi.
Però è proprio a questo punto che il romanzo a mio parere mostra la corda. Da una parte, essendo questo romanzo il primo di una serie (ma non è una scusa!) praticamente tutte le questioni sollevate durante l'esplorazione dell'Anello rimangono senza risposta (perché gli abitanti che lo popolano sono umanoidi? E perché lo sono - o erano - i costruttori dell'Anello? Qual è/era lo scopo della struttura?). Il romanzo suona dunque spesso come una lunga (e purtroppo noiosa) introduzione. Ma, anche a prescindere dal fatto che il finale resti inconcludente, è stata l'esplorazione dell'Anello da parte della ciurma dei quattro a non convincermi per niente. In altri romanzi in cui il meccanismo narrativo principale è l'esplorazione di un manufatto alieno straordinario (Rendezvous con Rama, giusto per citare il più famoso), la sensazione di mistero profondo prima, e di senso che che si rivela durante l'esplorazione poi, sono stati resi molto meglio. Qui - e che i puristi mi sparino pure - la dinamica dell'esplorazione mi ha ricordato troppo spesso gli episodi a tema discesa-su-un-pianeta-sconosciuto della serie originale di Star Trek. Un po' di cartone, un po' datate, insomma. Mancava solo l'attendente con la maglietta rossa.
Per tutte queste ragioni - o queste sensazioni, se preferite - non credo che leggerò i seguiti della serie, rinunciando dunque per il momento a sapere chi sono gli Ingegneri dell'Anello e quali erano (sono?) il loro scopi. Mi resta invece il diletto di aver fatto qualche conto, da bravo fisico quale sono: a che velocità deve girare un anello dal diametro corrispondente all'orbita terrestre raggio intorno a una stella come il Sole perché l'accelerazione al suolo riproduca quella di un pianeta come la Terra? E i pannelli che servono a schermare la luce della stessa, che dimensioni devono avere, a che raggio devono essere messi, a che velocità devono ruotare per garantire a terra in ciclo giorno-notte simile a quello terrestre? E così via.
Scevra dice
Martin sta creando veramente una grandissima saga.
Per Ringworld, ho iniziato a leggere il post e mi son fermato per rischio spoiler, è solo una breve trama quella descritta? 😮
pakka dice
Se ti interessa questo:
Jack Vance - L'Ultimo Castello (1966) Premio Hugo e Nebula
qui trovi info
http://www.tntvillage.scambioetico.org/?act=showrelease&id=274232
Di lui avevo letto da ragazzo il ciclo di Tshai e mi era piaciuto moltissimo, certo avevo 15 anni ora non sarebbe più la stessa cosa ma lo ricordo ancora con nostalgia.
zar dice
Bè, e non ci dici i risultati dei tuoi calcoli? 🙂
Marco dice
Ovviamente no! Come ogni bravo professore di fisica costituzionalmente pigro, li lascio come compiti per casa ("con pochi semplici passaggi che tralascio si mostra che...") 🙂
zar dice
Uffaa 🙂
Marco dice
Perché non provi a proporli ai tuoi studenti? Fino all'accelerazione centrifuga/peta in funzione di raggio e velocità angolare dovrebbero arrivarci, no? Per le zone giorno/notte bisognerà dargli qualche ipotesi in più (dimensione degli schermi, distanza dall'Anello), ma secondo me ce la fanno... 🙂
zar dice
Eh eh, si potrebbe... dovrei sostituirmi al prof di fisica (da noi sono due insegnanti diversi), però. Oppure lo propongo prima al prof di fisica 🙂