Chi frequenta queste pagine da un po' di tempo probabilmente ricorda come io sia sensibile al tema della gestione del tempo.
Nel passato ho persino scritto qualche articolo a proposito, provando a mettere giù un po' di idee su come stavo (sto tuttora) tentando di ottimizzare la convivenza tra una vita lavorativa sempre più piena ed esigente, una serie di progetti personali che nel tempo hanno preso dimensioni più ingombranti, e una famiglia a cui voglio dedicare i giusti tempo, impegno ed energia.
È passato un po' di tempo da quegli articoli, alcuni aspetti tecnici della mia organizzazione sono cambiati (per esempio, ho imparato org-mode per Emacs, e da allora praticamente tutta la mia organizzazione vive li dentro, e ho adottato Reeder e Instapaper per leggere in modo efficiente tutto quello che mi interessa. Un giorno o l'altro farò un aggiornamento). Ma, soprattutto, ho migliorato la mia capacità di lasciare cadere le cose non importanti, o quelle che da troppo tempo stazionano non fatte nella mia lista di cose da fare, segno che forse sono semplicemente fa abbandonare.
Qualche giorno fa mi sono imbattuto in questo manifesto del Culto del Fatto, che in molti aspetti testimonia questa evoluzione nel modo di affrontare il flusso abnorme di cosa da fare (e da non fare, e da abbandonare, e da terminare a una certo punto perché sono sufficientemente buone). Ve lo riporto qui sotto (tradotto da me, e non è stato sempre facile): mi sembra interessante nel suo essere schiettamente rude. Ne esiste anche una versione grafica basata su varianti sul cubo di Rubik, che è semplicemente geniale, la appiccico al fondo. Metto in grassetto le massime che trovo più illuminanti (in particolare la 12, che mi sta facendo parecchio pensare sulla direzione da dare al lavoro di divulgazione che sto facendo su questo sito):
- Ci sono tre stati dell'essere. Il non sapere, l'azione, e il completamento.
- Accetta che tutto è una bozza. Aiuta a finalizzarlo.
- Non esiste il stadio di "revisione".
- Pretendere di sapere quello che stai facendo è circa lo stesso che sapere quello che stai facendo, per cui semplicemente accetta di sapere quello che stai facendo anche se non lo sai, e fallo.
- Abolisci la procrastinazione. Se aspetti più di una settimana per realizzare un'idea, abbandonala.
- Lo scopo del completare qualcosa non è tanto finire quella cosa, quanto passare a fare altre cose.
- Una volta finito, puoi buttarlo via.
- Ridi della perfezione. È noiosa, e ti trattiene dal finire le cose.
- Chiunque non abbia le mani sporche ha torto. Fare qualcosa ti dà ragione.
- Un fallimento conta come aver fatto. Per cui fai degli errori.
- La distruzione è una variante dell'aver fatto.
- Se hai un'idea e la pubblichi su internet, conta come il fantasma dell'aver fatto.
- L'aver fatto è il motore del fare di più.
LGO dice
Fantastico!
Posso buttare montagne di idee 🙂
Nello dice
Mitico org-mode !!
delo dice
interessante questo org-mode!
Io ho cominciato ad usare un semplice bug-tracker per gestire le cose da fare,
(per lavoro e non). Si chiama "roundup". Lo trovo comodo anche per prendere appunti durante un meeting sulle action da fare o delle cose da controllare.
Ho notato che avere un bug assegnato a me, mi spinge a completare quel task piuttosto che procrastinare sempre 😀
delo
Tommybond dice
@Marco : Perchè l'articolo non è più visibile nella pagina principale?
Marco dice
@Tommybond: sospetto qualche problema con il sistema di cache. Dovrebbe essere a posto adesso.
IgorB dice
su questo punto io e il mio collega litighiamo spesso: lui è un perfezionista, io sono molto più pragmatico.
Adesso glie la scrivo su un post-it e lo attacco sul suo monitor.
niki dice
per chiarire il punto: con la 11 si intende che esprimendo un'idea su internet è come se si realizzasse, in un modo o nell'altro?
Marco dice
@Niki: no, direi esattamente il contrario. Quel "fantasma dell'aver fatto" (ghost of done) a me dice che pretendere di aver fatto qualcosa esclusivamente sulla rete, senza nessuna conseguenza/azione/prodotto nel mondo reale non è veramente aver fatto qualcosa, ma al limite essersi fermati alla fase del prototipo.
robsom dice
dipende da cosa si intende con "nessuna conseguenza/azione/prodotto nel mondo reale". se lo scopo del tuo blog e' di fare outreach, allora scrivere un post e' fare qualcosa. ma anche se e' solo un hobby (quindi "senza nessuna conseguenza"), il solo fatto di averlo e' una cosa che puoi menzionare in una proposta e puo' essere un aiuto a farla approvare e allora di effetto reale ne ha un bel po'. per dire, che dipende poi da che angolazione guardi la cosa
niki dice
a ok! no, perché secondo me è ambigua.. qualcuno può vederlo come un risultato, l'aver condiviso un'idea o realizzato qualcosa direttamente via web.. è sempre un'azione.. tipo il guinness di più commenti a un post o creare un sito sfruttando i template invece che imparare i linguaggi HTML ecc o pubblicare un articolo, un libro, dei disegni, dei fumetti, dei cortometraggi, delle musiche ecc, tramite il multi-medium digitale anziché riuscendo ad impressionare una casa editrice o di produzione.. e magari pubblicare con le licenze creative (cosa che anche io faccio) convinti che si possa sviluppare un'intelligenza collettiva, un fare comune e in connessione..
Giuseppe Nicosia dice
Di solito quando si vira verso argomenti di "crescita personale" c'è qualcosa che non ci soddisfa...
Alex dice
Fara, fare, fare...
Ok, è importante, ma se tutto è il finalizzato solo e soltanto a realizzare qualcosa...
Quand'è che ti godi ciò che hai fatto?
Marco dice
@Alex: rispetto alla questione che citi, a suo tempo io avevo trovato illuminante la lettura di Getthing THings Done di David Allen, specialmente nel modo in cui invita a fare lo sforzo di distinguere tra le incombenze contingenti (che non sono e non dovrebbero essere lo scopo del fare) e il piano più generale (a cui spesso non si pensa, ma che invece dovrebbe guidare ogni mossa). Ne consiglio la lettura, è breve e si legge velocemente.
. dice
Com'è possibile che un fisico abbia una conoscenza tanto approssimativa della lingua inglese? "Pretending" tradotto con "pretendere"? Ma veramente?
Marco dice
Com'è che un commentatore anonimo ha una conoscenza così approssimata dell'italiano, per non parlare della spocchia? "pretendere di" in italiano ha la stessa accezione di "fare come se" che traduce il "to pretend to" inglese. E comunque anche in inglese esistono occasioni in cui è lecito usare "pretend to" nel senso di "lay claim to" (come diresti "pretendere al trono" in inglese?). Ossequi e riverenze.
. dice
Sì, chiaramente hai ragione (soprassiedo per umana pietà, il rumore di unghie sullo specchio mi scioglie sempre il cuore). L'unica cosa di cui mi dispiaccio è aver apprezzato (e divulgato) i tuoi post basati su fonti originali in lingua Inglese; tremo al pensiero delle fregnacce che posso aver contribuito a diffondere... Che dire, starò più attento la prossima volta.
Marco dice
Ascolta Punto (posso chiamarti Punto?), non ho mai preteso di essere un esperto - come evidentemente devi essere tu, perlomeno dall'aria di superiorità che vai spacciando - delle sottigliezze recondite della linqua inglese, che parlo e scrivo in modo dignitoso; né che le mie traduzioni fatte al volo per il blog fossero capolavori letterari. Sull'accuratezza dei contenuti credo però di poter andare piuttosto tranquillo: se può far cessare il tuo timore, puoi sempre andare a controllare, un link alla fonte originale c'è sempre. Se invece ti fa sentire meglio pensare che qualcuno ti abbia raggirato con fregnacce inaccurate per anni, fai pure: capisco che sentirsi superiori sia un modo possibile per iniziare la giornata. A ciascuno la sua droga, io preferisco il caffè.
Michele dice
Nonostante non sia assolutamente d'accordo con il modo maleducato in cui ti è stato fatto notare trovo anche io che in questo caso la traduzione pretendere potrebbe non essere la migliore: se si usasse "fingere" la frase potrebbe essere intesa come "finigi di sapere fare anche se non sai fare e agisci". come una sorta di esortazione a non lasciarsi frenare dalla paura di non saper fare qualcosa. Ciao e continua così! =)
Gabriele dice
Non preoccuparti Marco, sembra solo il commento di un collega geloso del tuo blog.
In effetti basta leggere la tua versione del punto tre (Non esiste il stadio di "revisione") per capire che l'hai tradotto di corsa. Non importa, e' un blog. Mi sono andato a stampare l'originale in versione poster (http://www.flickr.com/photos/joshuarothhaas/3327763912/), ed e' fantastico.
Grazie molte per condividere un frammento cosi' creativo e profondo del web.
dario dice
sono una capra in inglese, ma con "to pretend to" non si intende dire "fare finta di..."
comunque Marco aggiungi alla lista il punto 13:
"ti puoi ammazzare solo ma ci sarà sempre il criticone che avrà da ridire, magari perchè rosica."
🙂
saluti
dario dice
ops....scusa punto 14
My_May dice
Io aggiungerei una massima al punto 15 (evitando di commentare gli altri punti) di una persona ormai scomparsa... ma che a suo modo ha fatto la storia:
15) Vivi come se dovessi morire domani e pensa come se non dovessi morire mai.
niki dice
a parte il fatto che se uno è un fisico non è consequenziale dover conoscere l'inglese o un altra lingua: allora uno non è un buon medico se non sa l'inglese o non è un bravo regista se non sa l'inglese e via dicendo? ma stiamo dando i numeri?? ci sono scrittori, filosofi, artisti, che conoscono solo la propria lingua (certo la conoscenza di un' altra lingua permette un certo confronto e un certo giudizio secondo quella cultura, quel modo di pensare, quel modo di esprimersi) ma ciò prescinde dal conoscere un argomento o dall'eseguire bene il proprio mestiere, un lavoro.
detto ciò, mi trovo in disaccordo anche sul considerare errata la traduzione, in quanto: 1) proprio la differenza linguistica ed espressiva tra due lingue deve portare ad una "traduzione", di "senso", come è indicato anche qui, e 2) comunque sia "pretendere" ha lo stesso senso di, "tendere a", "fingere di", "far finta di", "sostenere"... è il contesto che deve illuminare oltre alla specifica parola (ecco anche perché più sopra avevo chiesto opinioni sul punto 12 (avevo scritto 11 ma ho sbagliato), essendo, una frase, portatrice di diversi sensi, a volte); infine 3) pensandoci un po', sono pochi gli "anonimi" che hanno lasciato un segno "personale" (infatti è un ossimoro dare della personalità ad un anonimo) nel mondo migliorandolo con le loro perle di saggezza!
niki dice
ops, sopra non ho chiuso il codice e ha preso tutto il testo successivo..il link era da attribuire alla parola "etimologicamente" rimandando al significato etimologico di "tradurre".. pardon
Marco dice
Aggiustato, spero di non aver snaturato il senso.
niki dice
o! grazie mille! si va bene..