Stavo per rispondere con un commento al post di Peppe Liberti pubblicato oggi su Rangle, ma poi il commento mi è venuto lunghino e ho pensato che forse potevo scriverlo direttamente qui, ché l'argomento è interessante per seppellirlo nei commenti.
Antefatto. A inizio Aprile a Frascati si è tenuta ComunicareFisica, una conferenza dedicata alla comunicazione e divulgazione della fisica organizzata dall'INFN. Per la prima volta l'evento aveva una sessione dedicata ai blog, e molti dei migliori blogger che si occupano di fisica sulla rete sono stati invitati a presentare il loro sito e a discutere in una tavola rotonda finale del ruolo dei blog nella divulgazione: Amedeo Balbi, Tommaso Dorigo, Gianluigi Filippelli, Peppe Liberti, Annarita Ruberto e anche Stefano Bagnasco (inciso: anche il sottoscritto era stato invitato, ma alla fine non ci è andato per una serie di ragioni sulla quali sorvolo, perché non fanno esattamente onore agli organizzatori). Nel corso della conferenza e dopo sul suo blog, Tommaso ha sollevato la questione del riconoscimento "ufficiale" dell'attività di blogging divulgativo dei ricercatori. Peppe oggi riprende l'argomento, cogliendo l'occasione della micro-intervista che il blog ufficiale di LHC Italia ha fatto al sottoscritto venerdì scorso (per telefono, da Madrid), e che apparentemente linka per la prima volta questo blog da un sito di comunicazione della fisica istituzionale. Peppe (oltre a fare un complimento nemmeno tanto nascosto al sottoscritto, che non sono sicuro di meritare) è ovviamente contento della cosa, perché vi legge un'apertura della comunicazione scientifica istituzionale a quella più personale e anarchica dei blogger ricercatori. Sarà vero?
Forse è così, ma io non ne sono molto sicuro. È vero, ci sono segnali di apertura e interesse della comunicazione scientifica ufficiale a quella dei blog dei ricercatori e degli insegnanti. La sezione dei blog a ComunicareFisica ne è probabilmente una prova (il link di LHCItalia a queste pagine forse un po' meno: penso sia più un accidente quasi casuale che una scelta programmatica), ma i blogger che hanno partecipato alla conferenza sanno bene che la presenza dello spazio dedicato ai blog non era apprezzata veramente da tutti. Penso ci siano ragioni culturali piuttosto chiare del perché quella che Peppe chiama la "comunicazione fuori dai canoni" non è amata da chi commissiona la comunicazione istituzionale (non necessariamente da chi la fa, ma la cosa non conta: questi devono comunque rendere conto). E del perché non lo sarà, perlomeno non prima di un profondo cambiamento culturale che mi sembra lontano. Vediamo se riesco a spiegarmi.
Conversazione. La parola chiave che sorregge tutta la novità (beh, novità che ha già qualche annetto) del Web 2.0, di cui i blog sono una delle espressioni, è conversazione. Questo blog piace certo ai suoi lettori perché io sono bravo e brillante e scrivo bene e so intrattenere 🙂 , ma anche (io direi persino soprattutto!) perché chi passa da queste parti può commentare quello che scrivo, lanciare le sue domande, interagire con gli altri lettori e con me, che faccio un punto d'orgoglio del rispondere a tutte le domande e i commenti che ricevo. Alla fin fine, le chiacchiere nei commenti ai post sono spesso altrettanto informative degli articoli stessi, e molte delle risposte arrivano degli stessi lettori, alcuni dei quali sono anch'essi fisici o studenti di fisica. La comunicazione ufficiale della fisica (ma non solo) in Italia non ha ancora affatto digerito questo modello interattivo, non mi sembra affatto pronta a lanciarsi su questo sentiero, e preferisce sistematicamente il modello unidirezionale (io parlo, voi ascoltate). Le ragioni sono sicuramente storiche e culturali, ma anche di impegno (pratico e politico) richiesto: investire in uno spazio anche interattivo efficace è molto più costoso (in termini di tempo e di coinvolgimento) di uno spazio monodirezionale, e richiederebbe probabilmente una delega politica troppo grossa ai sui redattori e collaboratori (chi risponderebbe ai commenti su un sito ufficiale dell'INFN o del CERN? Con che tempi? La dirigenza sarebbe disposta a delegare questo compito a dei semplici ricercatori? Con quali spazi di manovra, quali libertà?). Se e quando avverrà, si tratterà di una scelta molto coraggiosa, che mi sembra decisamente non in linea con la tipica cultura odierna della comunicazione in Italia.
Il volto umano dello scienziato. L'altra ragione per cui i blog personali che affrontano la divulgazione scientifica hanno successo è proprio il loro aspetto personale. Io qui parlo di fisica, certo. Ma spesso lo faccio con il mio cane, e non disdegno il raccontare anche qualcosa della mia vita di persona dietro al grembiule di ricercatore, il gridare le mie indignazioni politiche, il condividere le mie altre passioni di uomo. Molti degli altri blogger (Lo stesso Tommaso, per esempio, o Peppe) fanno lo stesso, ognuno con il suo stile e le sue sensibilità. Questa cosa piace, avvicina, riduce la distanza tra una scienza spesso percepita come arcana e irraggiungibile. Ma non può che funzionare nella dimensione di un blog personale e autonomo, o al limite - ma comunque in misura minore - in un blog collettivo lasciato libero e senza troppe pretese di ufficialità (come per esempio quello di USLHC. Ma quelli sono americani, la comunicazione moderna l'hanno inventata loro).
La libertà di dire cosa penso. Come scrivo chiaramente nell'introduzione, quello che dico da queste parti non è che la mia personale opinione. Se scrivessi per un blog collettivo dell'INFN o del CERN potrei certo metterci un po' del colore della mia passione personale, ma non mi permetterei mai di affrontare certi temi che mi stanno a cuore, o di divagare troppo sulla mia vita privata. Esiste un patto chiaro - anche se spesso non scritto - tra l'editore di una pubblicazione e chi quella pubblicazione la fa: se si vuole la libertà assoluta, allora bisogna accettare di essere gli editori di sé stessi, altrimenti si cadrà necessariamente in contraddizioni che non dovrebbe essere possibile ignorare. Non c'è niente di male, certe battaglie si possono certamente combattere dall'interno (vedi per esempio la recente questione di Saviano con la Mondadori), quello che deve essere chiaro però è che queste battaglie ci saranno inevitabilmente (e facilmente si perderanno), a meno scegliere di rispettare la linea editoriale. La speranza di una totale libertà di dire quello che si vuole, associata però con il riconoscimento ufficiale del proprio pensiero come parte di una comunicazione istituzionale - cose che sembra essere un po' la richiesta di Tommaso - mi sembra un'illusione, e per certi versi persino una richiesta ingiusta e infantile. Per le stesse ragioni, mi sembra improbabile che un'istituzione come l'INFN o il CERN possa anche solo linkare ufficialmente una serie di blog personali come risorse "consigliate": si tratterebbe di un avvallo a priori su tutti i contenuti, che dubito possa arrivare gratuitamente. Al limite posso immaginare qualcosa come una serie di link a risorse esterne dichiarate "interessanti", ma ovviamente si tratterebbe di un'altra cosa.
Nessuno mi paga per scrivere questo blog. Non ne traggo nessun vantaggio professionale, e lo faccio nel mio (raro) tempo libero, per divertimento, curiosità, vocazione, una certa dose di intenzionalità educativa e politica, e certamente anche vanagloria. Se qualcuno decidesse di pagarmi, o mi proponesse di fare qualcosa di simile in un contesto più ufficiale, non lo farei certo nello stesso modo in cui lo faccio qui. Non sarebbe necessariamente peggio, ma credo debba essere chiaro che il risultato sarebbe diverso. Magari non molto, ma certamente un po'. Non facciamoci illusioni.
Gianluigi dice
In effetti sarebbe già tanto se qualcuno riconoscesse quello del blogger come un mestiere, una professione.
Durante la tavola rotonda sull'LHC, infatti, non pochi, primo fra tutti il moderatore, chiedevano l'uso dei professionisti (leggi giornalisti) per parlare con la gente.
Per il momento mi limito a questo, sto però pensando se rispondere anche io tramite un post opportuno...
Vedremo.
peppe dice
Hai fatto bene a rispondere con un post. L'argomento è rognoso, non è semplice da districare, soprattutto perchè ogni blog è diverso così come le persone che vi scrivono. Non è possibile dare una definizione univoca di blog ed il mio, ad esempio, visto che ogni tanto sclero, non potrebbe mai avere il link su una pagina istituzionale. Le tue osservazioni sono più o meno anche quelle che ha fatto a Frascati, alla tavola rotonda ed in privato, Amedeo Balbi. Ne abbiamo discusso a lungo anche perchè c'era chi ci chiedeva cosa volevamo. Il fatto è che Tommaso spesso propone post "border-line" che sono quasi il preludio ad un articolo e chiede la giusta considerazione o meglio, non vuole subire danni da questa sua attività. Un riconoscimento di "interesse" da parte dell'Istituzione potrebbe forse metterlo al riparo dai casini (che ha già avuto). In questo senso io mi sento di sostenere la sua causa, per Lui non per me o per i blog più "anarchici". Questi devono rimanere tali altrimenti perdono di genuinità.
P.S. Dovevi venire, damn, che ci divertivamo....
Popinga dice
L'articolo è lucido ed espone correttamente i termini del problema. Sei anche uno dei pochi che si ricorda dei blogger degli insegnanti, secondo me (che sono parte in causa e probabilmente fazioso) molto spesso ben fatti per una diuturna esperienza di comunicazione scientifica con i giovani. Vorrei sapere se i soloni istituzionali leggono solo gli articoli divulgativi dei giornalisti scientifici stranieri o Le Scienze, oppure si avventurano anche nel pantano degli articoli dei nostri ignorantelli sui quotidiani. Nella seconda ipotesi la loro fiducia nel giornalismo scientifico italiano sarebbe davvero inspiegabile.
malt dice
@Gianluigi, nella speranza di non aver frainteso quello che hai scritto 😉
Io non vedrei come una cosa positiva il riconoscimento del "mestiere di blogger".
In primo luogo perche' introduce una distinzione, quella fra blog professionali e semplici blog, che non ha molto senso in un ambiente in cui il valore di un blogger e' sostanzialmente determinato dal passaparola, dalle visite, dai consigli di altri blogger in un sistema, passami il termine, simil-peer review.
In secondo luogo perche' da un professionista ci si aspettano dei risultati, non una produzione arbitraria, libera, discontinua, dettata solo da quello che si vuole fare, senza nessun obbligo verso qualcuno che ti ha riconosciuto come professionista.
In terzo luogo perche' un riconoscimento ufficiale induce a ridurre il livello di scetticismo e di critica verso quel che si legge, mentre una delle cose belle del blog e' proprio che, non essendo quello che leggo garantito da nessuno fuorche' il nome dell'autore, sono costretto a tenere le antenne dritte e affrontare criticamente quello che leggo, cambianto l'ottica dello scambio di informazioni.
Ettore dice
Mi intrometto velocemente solo per sottolineare una cosa che ho notato:
Per la maggior parte dei siti, blog, mototri di ricerca, la sfida è quella di rubarsi gli articoli a vicenda e/o avere il dominio rispetto ad un altro competitor.
Dall'articolo, e da questi post ho notato con estrema soddisfazione che invece voi vi sostenete a vicenda senza invidia!
Questa cosa, che magari può sembrare scontata purtroppo non lo è, sia su internet che (soprattutto) in real life.
Non so se questo vostro modo di fare nasca dallo stile di condivisione insito nel vostro campo di studi oppure prettamente per il modo che avete di lavorare in LHC... sta di fatto che è cosa buona e giusta quindi va sottolineata e applaudita!
annarita dice
Ho letto con interesse il post. Indipendentemente dai casi personali citati, sono concorde con la tua lucida analisi.
I blog costituiscono l'espressione di libere voci e penso diano e continueranno a dare "fastidio" a coloro che curano la comunicazione della Scienza, intesa in senso "istituzionale", per le ragioni che hai ben messo in evidenza.
Il mio, ovviamente, è il punto di vista di una insegnante che cura da circa tre anni due blog didattici e si confronta quotidianamente con problematiche complesse in seno all'Istituzione Scuola: scetticismo, diffidenza e spesso invidia.
La cosa strana, ma forse non tanto, nel mio caso, è che il riconoscimento venga, ad esempio, da un Progetto STELLA, progetto scientifico di diffusione europea che ha selezionato Scientificando a rappresentare l'Italia come esempio di blog didattico/scientifico, o da portali di gloriose e storiche riviste educative, come Scuola e Didattica, che non tratta propriamente bruscolini!
peppe dice
Solo una precisazione. Al convegno si parlava esplicitamente dei blog dei ricercatori e non dei blog e basta. Cioè delle persone in qualche maniera inquadrate nella "ricerca istituzionale" che comunicano in maniera poco istituzionale. Il punto, il tema, era: le due cose possono trovare un punto di incontro senza che nessuno si faccia male? Che benefici ha la ricerca di frontiera dalla comunicazione sui blog? E' sufficiente un giornalista patentato che svende "veline malfatte"? Non è forse meglio "incentivare" i nostri ricercatori a spendere un po' di tempo nel blogging? E, una volta incentivati, quali sono i confini entro i quali si debbono muovere?
Questo era il contesto e le domande che venivano dagli organizzatori. Per me il discorso andrebbe esteso a tutta la "comunicazione non convenzionale", blog and company. Ma un conto è il tipo di comunicazione, un conto è l'indipendenza di chi scrive. E' evidente che se fai un patto col tuo direttore avrai dei limiti da rispettare (come fanno, o dovrebbero fare, i giornalisti della carta stampata) se vuoi l'indipendenza assoluta il problema non si pone: fai quello che vuoi e te ne freghi. Entrambe le cose sono possibili. Basta dichiararlo prima.
malt dice
@peppe
Non e' solo questione di indipendenza di chi scrive, ma propio l'impostazione della comunicazione.
Sono approdato a questo blog per puro caso, scevro da ogni pregiudizio; ho letto alcuni post e mi sono fatto un'idea della sua qualita', nel mio caso confrontando quello che vi trovo scritto con quel che so. Sono stato insomma costretto ad un approccio critico all'informazione.
Se vi fossi arrivato da un collegamento da un sito ufficiale, tipo quello del CERN, automaticamente sarei stato piu' portato a pensare che qualsiasi cosa scritta qui sia vera, proprio perche' in qualche modo "avallata" dal CERN. Il mio approccio all'informazione e' tornato ad essere quello tradizionale, dove un terzo ente (in questo esempio il CERN, nel caso di un giornale il suo direttore) orienta a priori il mio giudizio di su quel che leggo.
E' la vecchia idea che ha animato sia Wikipedia che, in modo piu' radicale, Indymedia: un nuvo modo di fare informazione cha va molto oltre al problema dell'indipendenza o meno di chi scrive.
Secondo me e' un po' darsi la zappa sui piedi il richiedere un riconoscimento, incentivo, patronato o quel che sia: stiamo facendo un nuovo tipo di informazione, di qualita' molto superiore alle veline di cui parli, ma dobbiamo costringere i velinisti ad adattarsi a noi, non cercare di fargli concorrenza sul loro stesso piano 😉
peppe dice
@malt
...ma guarda che io sono d'accordo con te. La questio non è tanto mettere il bollino al blog (non sia mai!) quanto convincere gli scettici che questo tipo di comunicazione/informazione ha un suo valore proprio perchè è, come dire, orizzontale ma è pur sempre fatta da gente competente (e Marco e Tommaso, Amedeo, per limitarmi ai ricercatori) lo sono. Visto che queste competenze hanno avuto modo di esercitarsi nella scrittura, perchè non sfruttarle?
Marco dice
Sulla questione sollevata da Tommaso, che Peppe riassume così:
non sono convintissimo.
Adesso probabilmente mi attirerò dei fulmini, ma lasciatemi dire: i post "border-line" di Tommaso sono spesso al limite della correttezza. Tommaso forse non avrà fatto un patto "editoriale" con l'INFN per cui lavora, ma lo ha sottoscritto certamente con le collaborazioni scientifiche di cui è membro (CDF e CMS), e alcuni dei sui posto controversi hanno esplicitamente violato questo patto (sfiorando due peccati capitali che nessun membro di una collaborazioni di fisica delle alte energie è autorizzato a commettere: divulgare un risultato non blessed o alcuni sui aspetti non approvati e non pubblici, o divulgare un risultato vendendolo come frutto del proprio lavoro personale o del proprio gruppo di collaboratori ristretti e non dell'intera collaborazione)., e non dovrebbe esserci da stupirsi che le rispettive collaborazioni gli abbiamo tirato le orecchie, e che l'INFN non gli abbia parato le spalle.
La domanda che bisognerebbe probabilmente porsi è: che cosa vuole fare Tommaso con il suo blog? Discutere di fisica con i colleghi, o divulgare? Nel primo caso non è necessariamente detto che il blog sia lo strumento adatto, per un infinito numero di ragioni in testa alle quali c'è la riservatezza di certe informazioni. Ma in ogni caso, Io penso che si possano comunque fare le due cose (discutere tra colleghi e divulgare) senza essere scorretti rispetto alle collaborazioni o le istituzioni di appartenenza, ma per farlo occorre esercitare un ragionevole controllo sul proprio ego.
Manu dice
Butto qui i miei due cents, che probabilmente saranno un po' piu' di due dato che l'argomento mi appassiona (sara' il caso che apra un blog anch'io?!? 😉 )
Primo punto: concordo pienamente con Marco, anche sulle affermazioni attira-fulmini; sara' che ne abbiamo parlato un po' assieme e che nel passato abbiamo anche affrontato casi specifici di violazioni di "patti editoriali" con la collaborazione. Se un ricercatore fa parte di una collaborazione, *deve* sottostare alle regole che la collaborazione si e' data - se no ne esce, prego. Non si puo' sbandierare la liberta' di espressione in certi casi, mi dispiace. E cio' vale per un blog, ma non solo: nessuno va a raccontare davanti a un caffe' le anticipazioni su come sta andando la caccia all'Higgs in ATLAS all'amico di CMS. Sapete che gia' ai tempi di UA1/UA2 (UA1 era l'esperimento che porto' il Nobel a Carlo Rubbia) ci si poneva il problema di come gestire le coppie di fidanzati, coniugi, conviventi e quant'altro in cui uno dei due era in un esperimento e l'altro in quello concorrente? Si racconta (ma forse e' leggenda metropolitana!) che in una delle due collaborazioni chi era in questa situazione non poteva partecipare a certi meeting di analisi... Aneddoto a parte, il problema della confidenzialita' dei dati e dei risultati non ancora pubblicati e' sempre esistito. Anche in tempi meno mediatici per la fisica delle particelle, c'e' sempre stato il problema della concorrenza fra esperimenti che hanno lo scopo di effettuare la stessa misura. Trovo normale che una collaborazione si dia delle regole, peraltro piuttosto di buon senso - cosa su cui invece Tommaso ironizza in un suo post, e me ne dispiace, perche' credo che questo atteggiamento sia profondamente sbagliato.
E basterebbe talvolta che i ricercatori pensassero un picosecondo in piu' prima di postare qualcosa su Facebook o su un blog - se prendo qualcosa da una pagina protetta da password, probabilmente non ho il diritto di condividerla col mondo intero. Non credo che questo significhi ledere la liberta' di espressione dell'individuo. Le regole di ATLAS non le posto, perche' sono appunto in un documento destinato solo ai membri della Collaborazione - ma io francamente non mi sono mai sentita offesa da queste regole.
Secondo punto, ben piu' importante perche' piu' generale: anche nel caso di un blog meno "border-line", il problema di un riconoscimento "istituzionale" non e' banale. Come ho detto a "Comunicare Fisica", non credo che nessuno abbia da ridire sulle capacita' scientifiche o di esposizione dei blogger citati in questa pagina; se un blog non viene linkato da una pagina di ATLAS o di CMS o dell'INFN, e' per il motivo gia' descritto da Marco, e cioe' che' questa "ufficializzazione" avallerebbe anche le opinioni espresse dagli autori in merito a questioni nei dintorni della scienza vera e propria. Ma per non restare a parlare solo dell'Italia, guardiamo che succede fuori:
- i nostri vicini francesi, nel sito LHC France, linkano qualche blog http://www.lhc-france.fr/?article22
Da quel che posso vedere, si tratta di blog puramente scientifici/didattici, dove non trovate nemmeno un racconto di cosa l'autore ha mangiato a cena ieri. Sono linkati gli onnipresenti Quantum Diaries, che sono sponsorizzati da Interactions (vedi il prossimo punto), e dunque hanno una certa linea editoriale, statene certi.
- Interactions (www.interactions.org) e' sostanzialmente una raccolta di risorse per chi fa comunicazione in fisica delle particelle; ci sono dietro le teste pensanti degli uffici di comunicazione dei maggiori laboratori al mondo (INFN incluso). C'e' un blogwatch, in cui vedo post anche di blog tutto sommato abbastanza indipendenti. Ma non li conosco tutti cosi' a fondo da poter azzardare un giudizio su quanto questi blog siano simili a quello di Marco o Peppe o degli altri qui citati.
Quindi forse ci sarebbe modo di avere una raccolta di link a blog vari sulle pagine ufficiali dell'INFN o di LHC o del CERN. Nel quadro italiano, io sono un po' scettica: una scelta andrebbe fatta, e chi la fa? Chi decide se un blog e' di livello e interesse tale da essere linkato ufficialmente? Conoscendo il giro di gente coinvolta, finirebbe in un nulla di fatto (ma forse son troppo pessimista..)
Come esperienza personale, io posso raccontarvi che dall'autunno scorso scrivo per Symmetry Breaking quando il tempo me lo consente: Symmetry Breaking e' il blog (per quanto non viene chiamato mai cosi' esplicitamente) di Fermilab, ma somiglia molto di piu' a un vero giornale online. Stabiliamo la lista di articoli da scrivere, gli editori approvano una tabella di marcia, scriviamo e poi gli articoli vengono tagliuzzati N volte nei vari passaggi editoriali. A volte mi sono sentita piuttosto frustrata, lo ammetto. Ma cosi' e' la vita di un blog istituzionale.
Terzo e ultimo punto: la battaglia di Tommaso e' giusta e sacrosanta (pur se non sono pienamente convinta di alcuni dettagli, tipo il riconoscimento delle ore passate a scrivere per un blog - in un mondo in cui lavoriamo tutti venti ore al giorno, non so bene come si farebbe a implementare una cosa del genere, ma e' un dettaglio veramente), pero' andrebbe portata avanti senza parlare specificatamente dei blog. E' tutta la comunicazione scientifica che in Italia non e' vista come materia di curriculum - sei un perditempo anche se accompagni gli studenti in visita o dai un seminario divulgativo. Bisogna anche farsi un po' furbi: la comunicazione istituzionale, almeno in Italia, mi sembra propensa piuttosto a pagare per un esorcismo che ricacci tutti i blog nell'inferno da cui sono venuti. Occorre che gli enti di ricerca riconoscano il diritto (in Inghilterra e' addirittura un dovere!) dello scienziato a fare comunicazione scientifica, e gliene diano la possibilita'. E occorre che i blog vengano riconosciuti come parte integrante della comunicazione scientifica. Con quali modalita', non mi e' chiaro proprio per tutti i motivi esposti prima - ma si puo' pensare di seguire la strada di altri paesi che richiedono agli scienziati di definire con scadenze annuali i loro obiettivi di comunicazione assieme a quelli di ricerca, che poi vengono approvati da non so chi di dovere.
Mii quanto sono stata lunga. Perdonate.
Fabio De Sicot dice
ciao marco ciao tutti,
non son troppo avvezzo a commentare su altri blog. quindi probabilmente non riusciro' ad esprimere esattamente quel che penso. perdonatemi fin da ora...
tralasciando i ragionevoli dubbi di marco sulla comunicazione istituzionale e non, e sulla (prevedibile) diffidenza della comunicazione istituzionale nei confronti dei blog, avrei un'altra questione da porre. non avete qualche volta che il circolo di persone al quale ci riferiamo sia sempre lo stesso? a volte mi sembra che ci leggiamo ci ascoltiamo e ci scriviamo sempre noi. io cito gravitazero, gravitazero cita marco, marco cita peppe, peppe cita tommaso, tommaso cita il fotone, il fotone cita i rudimathematici etc... ho avuto questa sensazione (e da allora non mi ha purtroppo piu' abbandonato) quando andai qualche anno fa a forli' al convegno di comunicazione scientifica della sissa. si era innescato un dibattito enorme sulle colpe della comunicazione scientifica nei confronti di lhc, e il buco nero che non c'era, e lo stop che ha ridicolizzato lhc etc. nella testa avevo una domanda: ma se usciamo due metri da quella porta, se chiediamo per caso ad un passante che cos'è lhc, lui lo sa? tutti questi dibattiti, interessantissimi per l'amor del cielo, non rischiano di farci fare un giro completo come il nastro di moebius e tornare al punto di partenza?
ho ancora questa sensazione quando faccio caccia al fotone. gli iscritti, i download, gli accessi, son sempre tanti, ma dannatamente stabili. i rudi da quando son passati alle scienze hanno avuto un incremento sostanziale di accessi... ma sono arrivati anche loro ad un limite fisico. la mia domanda è: in che cosa sbaglio (o in che cosa stiamo sbagliando tutti?)
parlare "alla focus" aumenta l'accesso, ma ridicolizza la scienza. parlare "alle scienze" rende giustizia alla scienza, ma la rende poco visibile, o come direbbero i fashionisti, la rende "poco fashion". e quindi? continuiamo a parlare di scienza "alla meglio che ci viene"... oppure...
tommaso dorigo dice
Ahem. Summoned, non mi posso proprio tirare indietro eh ?
Intanto una precisazione. Mai, lo ripeto, mai, e' successo che io abbia pubblicato nel mio blog risultati non blessati dalle collaborazioni per cui lavoro. Mi stupisce un po' che Marco dica questo. Quello che e' successo, piu' volte, e' stato che vi e' stato chi, dentro le collaborazioni (e non solo quelle per cui lavoro) si e' lamentato che io osassi discutere, da libero cittadino, dei risultati _pubblici_, con la conoscenza che ho delle cose, e che tirassi le mie conclusioni.
Altri casini hanno riguardato -e qui forse una tirata di orecchi me la do da solo- casi in cui, per leggerezza e considerando divertente la cosa, io abbia raccontato qualche fatto divertente successo a meetings interni della collaborazione. Si vedano ad esempio questi due posts: http://dorigo.wordpress.com/2007/01/18/hearty-laughs-at-the-cms-meeting/ , in cui ho commesso l'errore di mettere il nome degli attori, o http://dorigo.wordpress.com/2007/04/25/triggering-on-green-frogs/ , nel quale ho raccontato una discussione interessante oltre che divertente. Nel primo caso l'interessato si e' lamentato con le alte sfere e io ho ricevuto un boicottaggio dall'esperimento, che e' durato quasi un anno (e del quale non ho saputo nulla finche' non mi e' venuto all'orecchio per vie traverse). Nel secondo non e' successo nulla.
Fatta questa precisazione, do il mio piccolo contributo. Io ho un blog che, come quello di Marco, e' una scelta personale tenere in piedi. Costa fatica, da soddisfazioni, ma forse -forse- sarebbe una pratica scelta da piu' colleghi, se non vi fosse la sensazione di fare qualcosa di stravagante, inutile, una perdita di tempo, se non perfino un danno. A differenza di Marco io sono pagato, e anche benino, per quello che faccio, ma questo e' un dettaglio che per me conta molto poco; e' comunque una scelta personale, del tutto discutibile, ma esula dallo scopo di questo post, al quale voglio rimanere fedele.
Invece, vorrei dire della mia proposta a CF2010. Io non pretendo che l'INFN mi indichi come lettura consigliata, mi sponsorizzi, o altro. Pero' noto che fare il blogger e il ricercatore INFN provoca diversi effetti, alcuni non proprio positivi, a chi lo fa. E noto che l'INFN sembra essersi reso conto che per avere finanziamenti fra 10 anni e' meglio che muova il culo oggi a spiegare un po' piu' capillarmente il motivo dell'importanza di quello che fa, a tutti. E noto che, sempre parlando dell'INFN, siamo 2000 ricercatori e fra noi vi sono menti brillanti, estremamente capaci, che sarebbero, se invogliate, una risorsa enorme per la divulgazione scientifica. Se.
Da queste tre informazioni viene una domanda. Perche' l'INFN non fa un passo nella direzione di invogliare i blog di ricerca in fisica, per aiutare la divulgazione via proxy ? Perche' c'e' questa diffidenza verso una cosa come, ad esempio, un aggregatore come http://www.interactions.org - nessuna sponsorship, nessuna sottoscrizione di quello che viene scritto, ma semplicemente il riconoscimento che questi posts scritti da blog di un certo valore possono aiutare la comune causa della divulgazione ?
Io vorrei chiedere a Marco se e' davvero tutto positivo il feedback che riceve. Se non sente intorno a se' qualche invidia, qualche occhiata strana, qualche "ah ecco il blogger" in ambito lavorativo. Queste cose purtroppo esistono, e nessun INFN potra' metterci al riparo da esse. Invece, quando uno si trova da solo a confrontarsi con un esperimento -facciamo il caso di Dzero, ad esempio, di cui non sono membro-, uno sa di non avere le spalle coperte in nessun modo.
Guardate, non e' cosi' difficile immaginare casi come quello di Simon Singh, che ha ricevuto una causa milionaria dai chiropratici dopo un suo articolo contro l'efficacia della pratica. Per fortuna Singh se l'e' cavata, ma era da solo (ok, con un centinaio di migliaia di supporters raccattati in web, ehm).
Io dico questo: l'INFN si esprima se l'utilizzo di ore extra-lavorative dei suoi dipendenti per fare divulgazione scientifica e' apprezzato, irrilevante, o osteggiato. Se, come dovrebbe, e' apprezzato, l'INFN smetta di ignorare i blog come modo di comunicazione. E invece di assumere personale "qualificato alla divulgazione" -gente che di ricerca ne ha fatta pochina ma che sa mettere insieme due parole, arguably- investa in una risorsa che gia' ha. Non denaro, il vile denaro, ma piuttosto sostegno morale. Un aggregatore che scorra su un francobollo della pagina INFN. Oppure lo statement che l'INFN considera meritoria l'opera di divulgazione attraverso internet che i suoi dipendenti volessero liberamente intraprendere, a pagina 23 comma bis del suo regolamento. Qualcosa. Chiedo troppo ?
Secondo Marco sono un illuso. Io credo che forse ha ragione, ma che non e' mantenendo lo status quo che si possa far fronte a un continuo degrado della conoscenza di massa e dell'interesse nella scienza. La scienza va portata casa per casa, scuola per scuola. I blog non sono una panacea, ma aiutano, e bisognerebbe almeno non disincentivarli.
E qui chiudo, e ringrazio Marco per il post estremamente utile e articolato, e mi dispiaccio di averlo mancato ancora una volta. Magari CF2012 o chissa' dove altro.
Ciao
T.
Giorgio Chiarelli dice
Beh non scrivo blog ma intervengo (anche perche' lo ho gia' fatto in altra sede pubblica) sull'argomento.
Io non credo affatto che il problemarsia per l'INFN (o altro ente) di riconoscere il blog come lavoro che vale da parte dei propri ricercatori. Se si trattasse di questo si potrebbe pensare solo un problema di non essersi adeguati ai nuovi modi di comunicare.
E' -ahime'- molto piu' ampio. Riguarda il riconoscere che il lavoro di comunicazione della scienza che fanno i propri ricercatori e' qualcosa che non sminuisce il loro lavoro ma anzi aiuta l'Ente.
Io, per ventura, mi sono occupato di comunicazione sia (per cosi' dire) con mandato ufficiale dell'Ente che per conto mio (cioe' organizzando delle cose da solo). In entrambi i casi la mia esperienza e' che erano i colleghi a sentirsi offesi e cercare di sminuire il mio lavoro. Nei mie CV ho sempre messo che facevo anche attivita' di comunicazione (non so se è stato apprezzato ma era la verita').
Quindi cominciamo onestamente a dire che ci sono colleghi che vedono solo l'aspetto di "esposizione al pubblico" del lavoro di comunicazione e sono pronti ad essere invidiosi (ed agire di conseguenza) non per interviste a Nature ma molto piu' banalmente per un foglietto locale. Let alone nei confronti di chi da interviste a Nature ed e' pagato perche' scrive su riviste o su giornali o su blog...
Quindi penso che se qualcuno pensa di fare la "guerra dei blogger" questa e' perdente perche' coglie solo un aspetto, e non il piu' profondo, del problema.
C'e' anche un'atra faccia, piu' sottile, che ho verificato di persona in quanto ricercatore di Ente di Ricerca: spesso le persone che lavorano nell'Universita' hanno trattato con sufficenza quando non proprio boicottato, le iniziative che scaturivano da ricercatori INFN. La motivazione e' che "un Ente di ricerca fa ricerca è l'Università che sa formare e comunicare". Lasciamo perdere la capziosità. In almeno una situazione si e' alzato un collega in una riunione pubblica dicendo che se non avessimo cercato la sponsorizzazione dell'Universita' (si trattava di una iniziativa WYP 2005 in cui ovviamente l'Univerista' non voleva metterci un quattrino ma bensi' il logo) la nostra iniziativa non avrebbe marciato....
Il problema esiste, ve lo segnalo, e non è un ingrediente irrilevante dei problemi che troviamo a far riconoscere l'attivita' di comunicazione all'interno della comunita'.
Last but not least, visto che sono stati citati vari casi.
Il blogger ha una posizione estremamente delicata (e per certi aspetti vantaggiosa). Commenta, scrive, e' in contatto con una comunita' non necessariamente di pari. Riferire i contenuti di riunioni e/o conversazioni e/o seminari con relativi commenti senza dare l'opportunita' (minimo) alle persone coinvolte di saperlo e di rispondere, puo' scivolare rapidamente dall'informazione corretta in una zona borderline dove le persone possono considerarsi (comprensibilmente) ferite nella propria professionalita'.
Sono cose che possono fare notizia, ma -come ricercatori- bisogna stare ben attenti a non oltrepassare la soglia di un'etica professionale che vuole, ad esempio, che alcune discussioni possano essere franche proprio perche' i partecipanti sanno che quel che viene detto non finira' al Tg della sera (o almeno non senza contraddittorio) e che se qualcuno ha da fare un commento (anche duro) puo' alzare la mano, e farlo, cosi' da poter rispondere.
Qui non si tratta di regole di questa o quella collaborazione, ma del modo stesso in cui una collaborazione funziona. Tutto sommato scivoloni ce ne sono ma io vivo invece in una Collaborazione (CDF) che va avanti dal 1981 (ci sono arrivato qualche tempo dopo) senza che ci siamo scannati. Certo non abbiamo la rigidita' militare della citata UA1 (che pero' e' collassata prima ancora che il SppbarS chiudesse), pero' delle regole per stare insieme...quelle si. Tra parentesi, sono pubbliche e sono state anche oggetto di studio...
ciao e scusate la loogorrea...ma il turno e' tranquillo
tommaso dorigo dice
"Riguarda il riconoscere che il lavoro di comunicazione della scienza che fanno i propri ricercatori e’ qualcosa che non sminuisce il loro lavoro ma anzi aiuta l’Ente."
Guarda, Giorgio, sottoscrivo al 110%. Lo hai detto meglio tu in tre righe di quanto sia riuscito io in due ore di tavola rotonda piu' presentazioni, posters, commento qui sopra eccetera.
Ciao
T.
tommaso dorigo dice
E poi vorrei rispondere a Manu qui sopra, che al #11 dice delle cose che in parte non condivido, e vorrei spiegare perche'.
Manu dice "nessuno va a raccontare davanti a un caffe’ le anticipazioni su come sta andando la caccia all’Higgs in ATLAS all’amico di CMS."
Ebbene. Manu, purtroppo quello che dici non solo non e' vero, ma il contrario e' la norma. Dove vivi tu ? Vorrei venirci anch'io.
Premetto che sono d'accordissimo che bisogna rispettare le regole, e francamente venire attaccato in un thread ospitato da un amico mi secca un po'. E infatti ho combattuto qui sopra al #13 l'idea fatta un po' surrettiziamente passare che io abbia violato regole e che poi, ripreso, mi sia lamentato. Non e' cosi'. Invece, sono stato attaccato per l'invidia dei colleghi, ad esempio quando -del tutto lecitamente- ho risposto a domande di un intervistatore di New Scientist, cercando di essere il piu' chiaro possibile (ci abbiamo messo 2 ore) e poi ho visto alcune frasi riportate malamente, cosa utilizzata contro di me da alcuni colleghi biliosi che NS non avesse contattato loro ma un semplice blogger. Invece, ho una volta riportato effettivamente un "rumour" non ancora pubblico di DZERO -esperimento di cui non faccio parte, e con cui non ho sottoscritto nessuna regola. In quel caso ho solo ripreso quello che un commentatore anonimo aveva scritto in un mio thread. Dzero se n'e' avuto a male, ma la cosa poi e' finita li'.
Invece, vi spiego perche' quando mi va "sfotto" queste regole scritte sul marmo -che pure trovo pienamente condivisibili. Due anni fa una di quelle occasioni che descrive Manu venne fuori a CDF: un risultato potenzialmente groundbreaking, da tenere super-segreto. In quel caso non solo il draft era protetto anche internamente (bisognava fare domanda scritta per vederlo), ma qualcuno all'executive board disse che c'erano dei "weak links" nella catena di confidenzialita' interna: i blogs, e si preoccupava che gente come il sottoscritto facesse leakare all'esterno cosa bolliva in pentola.
Invece, nulla e' ovviamente trapelato dai blogs. Il blogger METTE LA FACCIA dietro a quello che scrive, ed e' immediato beccarlo se falla. Invece, alcuni collaboratori, evidentemente per distribuire le notizie ai colleghi fuori CDF, misero IL DRAFT e altro MATERIALE INTERNO supersegreto nelle loro PAGINE PUBBLICHE. Risultato: se googlavate "anomalous muons", o anche solo "multiple muon", vi trovavate in mano il draft supersegreto, courtesy (e qui i nomi li faccio eccome) Rick St Denis, Ray Culbertson, per dirne due.
Ecco perche' chi parla di blog e regole dovrebbe sapere di cosa parla.
Ciao
T.
Marco dice
@Fabio: mmm, spesso anch'io ho questa impressione, temo che sia un effetto collaterale della struttura della blogosfera, che è appunto uno sfera: gira e gira, alla fine ripassi sempre dalle stesse parti. Più seriamente, su queste pagine mi sono imposto un uso minimo se non nullo del re-blogging, proprio perché non mi piace l'idea di costruire della (pseudo) informazione rimbalzando materiale prodotto da altri. Ovviamente la cosa ha dei limiti (questo non è il blog più visitato del pianeta!), ma mi sta bene così. Preferisco di molto l'interazione con i lettori, che per certi versi paga meno in termini di visibilità, ma è più gratificante rispetto alla diffusione - tiro un parolone - educativa dei contenuti. Temo che il capo scout che è in me non sia mai morto 🙂
Rispetto invece al problema del tono che limiterebbe gli ascolti (se non "parliamo alla Focus" non andremmo oltre la solita cerchia) sarei meno pessimista. Li fuori è pieno di lettori silenziosi, che non solo non hanno un blog, ma nemmeno si azzardano a commentare e raramente si fanno sentire anche privatamente. Ma ci sono, e tenerlo in mente personalmente mi aiuta a continuare a scrivere, senza cadere nella trappola del "parlare solo tra di noi". Di nuovo, mi interessano più loro. In questo senso, sarebbe interessante sentire l'opinione dei blogger insegnanti (Popinga? Annarita?), perché loro hanno potenzialmente dei riscontri altri che i soli contatti sulla rete.
@Tommaso: stimo troppo la tua intelligenza, e seguo da troppo tempo il tuo blog, per pensare che tu abbia mai divulgato un risultato non blessed, non ero questo che volevo dire né insinuare (e non a caso ho usato il verbo "sfiorare"!). Ma, come confermi tu stesso, ci sono state occasioni in cui hai deliberatamente messo a nudo lo spazio di discussione e interazione privato delle collaborazioni a cui appartieni (quelli che chiamavo gli "aspetti non approvati e non pubblici" della discussione): al di là delle ragioni più o meno condivisibile per le tue scelte, non c'è da stupirsi, come sottolinea Giorgio, che "persone possono considerarsi (comprensibilmente) ferite nella propria professionalità". Come è stato già detto, le chiacchiere su queste pagine non sono discussioni "tra pari", dunque il terreno è facilmente scivoloso e richiede un eccesso di etica professionale da parte nostra. La domanda da porsi al limite è: a chi giova il gossip? Al blogger che aumenta gli accessi? Alla divulgazione della scienza? Ai lettori non fisici? Al dibattito interno delle collaborazioni di fisica delle alte energie? Qualunque sia la risposta, non sono sicuro che i vantaggi compensino veramente gli effetti collaterali.
Quanto al resto: di feedback (positivi o negativi) in ambito lavorativo non ne ho molti, probabilmente per diverse ragioni. Da una parte scrivo in italiano (cosa che delimita parecchio l'utenza), dall'altra ho scelto un profilo diverso dal tuo, più "basilare" e maggiormente rivolto ai non-scienziati, dunque probabilmente per certi versi naturalmente meno controverso. Che sempre, non è né meglio né peggio, è solo diverso, e si porta dietro conseguenze diverse.
Rispetto al conoscerci di persona, probabilmente la canteen del CERN rimane la possibilità più facile. Oppure ICHEP 2010 🙂
@Giorgio: anch'io come Tommaso condivido in pieno, ma conservo un certo pessimismo. Nel post non parlo a caso di "cultura della comunicazione in Italia" (mica solo nell'INFN). Nel passato mi sono occupato di comunicazione via web anche in altri ambiti oltre a quello scientifico, e la posizione delle dirigenze anche in questi ambiti diversi era sempre e comunque di scetticismo, paura e al limite disprezzo. È qualcosa che viene da lontano, da generazione di persone cresciute con l'idea che il proprio lavoro sia valido in quanto tale, che in quanto tale sarà finanziato, sponsorizzato, retribuito, e in nessun caso necessiti di essere raccontato, condiviso, e persino messo in discussione con il "volgo". Insisto, nella migliore delle ipotesi ci vorrà tempo. Parecchio.
Ettore dice
Non entro nel merito specifico dei vostri rispettivi progetti di ricerca, delle vostre collaborazioni e soprattutto delle vostre NDA (Non-disclosure agreement) e/o accordi contratti vari in cui vi assumete degli impegni rispetto ad altri.
E' inutile, secondo me, porsi delle domande riguardo al fatto se sia giusto o no che un blog personale debba essere linkato o meno dall'azienda per cui lavora... è come se uno volesse avere la botte piena e moglie ubriaca: la botte piena (riconoscimento ufficiale dell'ente, azienda ecc ecc) moglie ubriaca (nessuna linea editoriale).
Sono due cose che a mio avviso, non erano, non sono e non saranno mai compatibili per ovvi e giusti motivi (e questo non vale solo per il vostro ambito di ricerca/studio/lavoro).
Nel momento in cui, qualsiasi persona, di propria iniziativa inserisce contenuti su internet è fisiologico che lo fa "a scopo personale".
Nel vostro caso specifico, dove oltre a racconare di voi stessi, parlate anche di fisica, cosa posso dirvi, bravi, mi piacete, continuate così, ma questo non può (e non deve, aggiungo io) implicare (con qualche sorta di proprietà transitiva) anche l'e aziende per cui lavorate.
L'azienda per cui lavoro fa radar, civili e militari, se io aprissi un blog, e mi mettessi a raccontare di come funzionano, degli algoritmi che si usano ecc ecc sicuramente (come voi) fare cosa buona e giusta, ma non per questo mi accaparrerei il diritto di mettere il logo della mia azienda sul mio sito e vice versa.
Se il mio sito ha un successo enorme, la cui gestione mi dovesse obbligare ad un esborso economico tale per cui mi occorre uno sponsor, allora o ne trovo di indipendenti, così posso continuare a dire quello che mi pare, oppure posso chiederlo all'azienda, ma nel momento in cui lo chiedessi all'azienda questa potrebbe in forza della sua sponsorizzazione forzare la mia linea editoriale.
E' ovvio, in entrambi i casi che non mi è consentito parlare di prodotti, clienti, ecc ecc che possano anche minimamente favorire un concorrente o divulgare informazioni riservate.
Riguardo al raccontare situazioni e scenette del proprio posto di lavoro... be, non ci trovo nulla di strano (c'è un sysadmin italiano che lavora in olanda che sul suo sito ridicolizza tutti e racconta tutto quello che succede nella sua azienda... e nessuno gli ha mai detto nulla...).
Oppure avete nda anche per queste cose?!?!? Sarebbe proprio paranoico!
Riguardo al divulgare info durante la pausa caffè... 😀 sono cose che si fanno ovunque 😀 Allo stesso modo però immagino che anticipare una scoperta ad un "concorrente" sia un peccato veniale... diverso il caso in cui oltre alle parole si danno anche le prove, i dati, ecc ecc ma quelle sono cose che non si fanno in pausa caffè e certamente non "a gratis" come si dice dalla mie parti.
Manu dice
@Giorgio: d'accordissimo con Tommaso, lode alle tue capacita' di sintesi
@Tommaso: grazie di aver raccontato un po' di backstage delle tue esperienze, aiuta a capire. Io confesso di non averti letto regolarmente, e dunque mi riferivo in particolare all'ultimo tuo post "Acknowledging The Function Of Scientific Bloggers" - da li' francamente mi era rimasta l'impressione che tu ti stessi lamentando di essere stato ripreso. Rileggendolo ora, non e' che la mia impressione cambi molto, ma si aggiungono anche un sacco di sfumature che pero' ho colto dopo aver letto le tue risposte qui. Se posso permettermi, in quel che hai scritto in questo thread sei stato molto piu' chiaro sulla distinzione fra regole della collaborazione e invidia/gelosia dei colleghi; nel tuo post invece la dimensione di harassment non veniva chiaramente fuori, almeno per me (aggiungo uno spunto di riflessione ulteriore, che non e' una critica ma una domanda che mi pongo io personalmente: ha a che fare con la lingua in cui si scrive? cioe' il fatto che sui Borborigmi stiamo parlando italiano e non inglese? Non critico il tuo inglese, per carita', che e' di livello assolutamente ineccepibile, ma semmai il mio livello di lettura :-D).
L'invidia degli altri membri della nostra stessa collaborazione, o dei colleghi d'Istituto e' purtroppo come sottolinea Giorgio un grosso freno al riconoscimento del lavoro di divulgazione scientifica - e non succede solo per chi blogga, a me e' capitato di essere in prima linea in altre attivita' di comunicazione e questo non ti attira tante simpatie. Anni fa a La Thuile ho sentito un talk di Judy Jackson, capo del Press Office di Fermilab, che difendeva la scelta di far intervistare una certa persona perche' sveglia, capace di parlare con i media e oltretutto di sesso femminile (la bestia rara "vende" di piu') nonostante l'ostracismo dei colleghi che ritenevano che questa persona non fosse quella che aveva contribuito piu' di tutti all'analisi in questione. Non vi dico i rumoreggiamenti nel pubblico. Francamente, all'epoca anche io, che ero ancora in un piccolo esperimento, trovavo ingiusto che una persona rappresentasse un certo gruppo di analisi se non per motivi di merito; ma dopo anni in ATLAS, mi rendo anche conto che in queste grandi collaborazioni il merito non lo si puo' stabilire cosi' facilmente come in un esperimento fatto da 40 persone. E dunque mi riaggancio anche a quel che tu dici, Tommaso, che il blogger ci mette la faccia e dunque per questo i colleghi sono scontenti se raggiunge una certa notorieta'. Con questo vorrei anche risponderti sulla questione dello sfottimento delle regole: lungi da me pensare che siano solo i blogger la malaerba che non rispetta la confidenzialita'. Se si e' capito questo dal mio post precedente, me ne scuso: ho fatto l'esempio del caffe' e dei post su facebook proprio per questo motivo. Le regole di confidenzialita' si applicano a tutti, in ogni situazione: e pero' non si puo' usare il fatto che alcune persone le abbiano violate per sfottere le regole stesse (e' come prendere in giro il sistema delle tasse perche' ci sono gli evasori). Ti assicuro che non sono solo i blogger a essere penalizzati in caso di non rispetto delle regole - io per conto mio, col mio cappellino ufficiale della comunicazione di ATLAS, ho tirato le orecchie a varie persone che non hanno un blog. Diciamo che l'ho fatto nel modo che ritengo corretto, cioe' dicendolo direttamente alle persone in questione e riportando la cosa piu' in alto solo in caso di problemi.
Ultima risposta sempre a te, Tommaso, sul mondo in cui vivo: non voglio fare Alice nel Paese delle Meraviglie, per carita'. E c'e' un livello di chiacchiera "da bar" che si fa, si e' sempre fatta e si fara' ancora fra amici/colleghi/conoscenti di esperimenti diversi, in cui ci si racconta reciprocamente qualcosa del "dietro le quinte". Ma non ha caso ho parlato di "come sta andando la caccia all’Higgs", cioe' di una delle analisi piu' sensibili di quelle che si faranno a LHC: un conto e' dirsi che noi abbiamo gia' visto un W, voi ancora no? E un conto e' anticipare che abbiamo tot candidati, che pensiamo di fare l'annuncio per le conferenze invernali, ecc. Io penso che un ricercatore che e' estremamente coinvolto in un lavoro non va a discutere con "la concorrenza" - e te ne parlo per esperienza personale, io ho lavorato in un piccolo esperimento al CERN (NA48, per la cronaca) che faceva una sola misura e aveva due concorrenti diretti, uno a Fermilab e uno a Frascati. Il mio compagno all'epoca era nell'esperimento italiano, e con lui anche due dei miei migliori amici di sempre, e ti assicuro che nessuno ha mai raccontato niente di cruciale agli altri, niente con cui si potesse tornare nel proprio gruppo dicendo "ohi ragazzi, li' i risultati sembrano confermare quelli americani, riguardiamo un po' se non abbiamo fatto una sciocchezza". Lo so, forse non sono piu' quei tempi - ridi e scherza, sono passati 10 anni...
Grazie comunque per questa digressione sui blog vs le regole di collaborazione, e per aver risposto alle questioni sollevate!
Manu dice
@Ettore: il problema, se vuoi, e' che le collaborazioni di fisici non sono l'ente che paga il tuo stipendio, quindi non esiste un vero e proprio NDA che tu firmi. La collaborazione si da' delle regole che vengono approvate tipicamente dall'organismo che si chiama Collaboration Board, in cui ci sono rappresentanti di tutti gli Istituti. Se uno le infrange, puo' essere cacciato dalla Collaborazione, ma chiaramente questo viene fatto solo in casi estremi.
Anche il CERN non ha un vero e proprio NDA, perche' non tutti quelli che ci lavorano sono pagati dal Laboratorio - quando sei pagato da un'altra Universita' e ti registri come utente al CERN, non firmi nulla al riguardo (o se lo firmiamo, nessuno di noi ci ha mai fatto caso! :-D)
A tal proposito: per l'estate e' previsto che venga pubblicato il primo Code of Conduct del CERN - vedremo!
E quanto al raccontare situazioni o scenette del proprio posto di lavoro...dipende, anche qui, da tanti fattori: se si raccontano fatti che hanno un qualche rapporto con l'attivita' di ricerca, credo che non abbiamo proprio il permesso di riportarli. Se si vuole raccontare dell'ennesima volta che TizioCaio e' venuto coi calzini spaiati, credo che questo sia permesso!
Ettore dice
Scusate l'OT... mi viene in mente che (e stò sorridendo mentre scrivo) una volta, una scoperta portava il nome di uno, due... tre persone; se fate una scoperta voi... la chiamerete, che so: "Paradosso di (seguito da 2000 cognomi)" ? 😀
16, 17 pagine di cognomi come ho visto in qualche documento 😀
Marco dice
Hai idea degli acronimi che puoi inventare con 2000 iniziali? 😛
Manu dice
Io butto qui un'idea che mi frulla in testa da un po', come dicevo giusto a Peppe: e perche' non fare una convention alternativa di comunicazione della fisica? Senza etichette INFN o altro? Non si organizza da un giorno all'altro, lo so, e bisogna pensare seriamente a un'agenda e a cosa vogliamo ottenere (vogliamo chi, poi? Comunicatori in qualunque modo o solo i blogger? A me piacerebbe la prima ipotesi, ma non mi offenderei se voleste fare un meeting dei blogger italiani!! ;-)).
Il gruppo "Parlare di Fisica" su FB e' un buon punto di partenza per scambiarsi idee e discutere tematiche, problemi pratici, opinioni. Ma si potrebbe pensare anche di vedersi faccia a faccia fra qualche mese.
Ora mi sa che comincio seriamente a firmarmi Alice... 😀
Ettore dice
Prima di alcuni vostri post, sinceramente non mi ero posto minimamente il problema della "confidenzialità" di alcune informazioni, soprattutto fra un progetto ed un altro!
Che so, magari tra voi ed il Tevatron si, ma addirittura tra un esperimento ed un altro di lhc.. no, non lo avrei mai detto...
Immagino che, se tutti aveste a disposizione i dati di tutti, credo che si procederebbe molto più spediti... no?
Ma a questo punto mi chiedo, qual'è il fine di un esperimento scentifico ( qualsiasi sia ) una nuova scoperta, la conferma di una teoria o avere il nome su una pubblicazione?
(Quanto scrivo sotto potrebbe essere un po forte, spero che non la prendiate sul personale ... è solo una mia riflessione anche non condivisibile... parliamone!)
No, perchè se il fine è metterci il nome allora i costi di progettazione, sviluppo, costruzione ecc ecc ce li dovrebbe mettere la/le persona che vuole averci il nome stampigliato sopra... o come si fa nel privato le aziende si assumono i costi della ricerca ma poi depositano il brevetto e si beccano le royalties...
Se invece, il fine è quello "scientifico" della ricerca allora non vedo quali cappero di segreti dovreste avere tra voi.
Alla fine, avre una pubblicazione scentifica con 3000 nomi o 6000 cosa cambia? L'importante non è la scoperta o la conferma?
In fondo poi i costi andando a ritroso fino alla fonte siamo tutti noi cittadini, che tramite lo stato diamo fondi alle università, agli istituti di ricerca ecc ecc
Potrei capirlo se partiste dal presupposto che condividendo informazioni tra progetti simili potreste correre il rischio di influenzarvi vicendevolmente e commettere entrambi gli stessi errori... ma non credo proprio sia questo il fine della non divulgabilità di alcune informazioni... sbaglio? Altrimenti tra atlas e cms potrei capirlo ma che so tra lhcb e totem o tra cms ed alice, no, ma invece ognuno di voi conosce i risultati degli altri e/o i dati degli altri solo e soltanto quando il gruppo decide che quei dati possono essere pubblicati o pubblicabili...
P.S: Questo post nasce da una riflessione fatta oggi pomeriggio... purtoppo non ho trovato altre elucubrazioni mentali (oltre a scene di Nightmare verso delle amiche) mentre aimè girovagavo per una mostra di Barbie da collezione... lo so ... non ridete perchè io volevo suicidarmi... 😀 😀
Marco dice
Ettore, la questione è delicata perché in gioco non c'è solo il valore di conoscenza apportato dalla scoperta (che è e deve restare pubblico e pubblicamente accessibile) ma anche il credito della scoperta, che invece pubblico non è, e che gli scienziati gestiscono con gelosia perché in fondo è l'unica moneta che ricavano dalle scoperte che possano spendere in termini di avanzamento di carriera, richieste di finanziamenti e cose simili. In questo senso le informazioni sono dunque sempre condivise all'esterno della collaborazione, ma solo tramite il processo di pubblicazione o di presentazione pubblica, che è il modo che abbiamo per arrogarci il credito (prioritario) per un lavoro fatto.
Ettore dice
Si, su questo concordo, ma faccio un esempio: i dati grezzi che escono dai vari esperimenti sono condivisi?
Cioè sui dati grezzi (dove ancora non è stato aggiunto quel valore di conoscenza di cui parli sopra) c'è condivisione di informazione?
E' su questo punto che non trovo una giustificazione plausibile.
Immagino che se poteste analizzare tutti, i dati di tutti, sarebbe meglio... ma è possibile che non sia così, e magari c'è anche una qualche spiegazione prettamente scientifica per questo modo di fare... (che so, perchè i dati di atlas e cms per qualche motivo comunque non possono essere confrontati?)
Marco dice
No, i dati grezzi non sono condivisi, perlomeno non prima delle pubblicazioni di cui parlavo prima. Ma la cosa aggiunge un livello di complicazione alla questione, perché con i dati grezzi non ci fai granché, per non dire nulla. Senza calibrazioni, navighi nel buio, e nessuno fuori dalle collaborazioni (spesso nemmeno dentro!) saprebbe calibrare degnamente i dati grezzi.
Al limite quello di cui potremmo discutere è la condivisione (post-pubblicazione, of course) dei dati calibrati. È qualcosa di cui si parla non poco, perché introduce dei problemi tecnici assolutamente non trascurabili. Vedi qui per farti un'idea della questione:
http://www.symmetrymagazine.org/cms/?pid=1000770
Manu dice
Ettore, i dati vengono confrontati (e mai quelli grezzi, poi provo a spiegare il perche') dopo che i rispettivi esperimenti hanno fatto la misura. Ai tempi di LEP esisteva il LEP Combination Working Group (o comunque si chiamava, correggetemi, io non c'ero!! :-)) che riuniva rappresentanti dei 4 esperimenti per appunto combinare i risultati - la misura della massa di una particella, i limiti di esclusione di un processo, ecc.
A parte lo spirito di competizione fra "squadre" diverse, il fatto che se io sto in ATLAS affiliata a un certo istituto che non partecipa a CMS non e' evidente nemmeno la questione monetaria, e via dicendo, c'e' una questione fondamentale di cui tenere conto: i rivelatori sono sempre piu' complessi, e capirli bene prende tempo, pazienza e anche abilita' in una specifica tecnica strumentale. Un fisico nella sua vita non lavoro con ogni tipo di rivelatore possibile, e sara' tipicamente specializzato in un paio di tecnologie; peggio ancora con la lunga vita degli esperimenti LHC, in cui praticamente lavori per sempre allo stesso rivelatore... E poi ci sono tutte le condizioni ambientali, le variazioni della geometria, ecc. Insomma, capire un rivelatore e saper distinguere un segnale di fisica da un problema (o caratteristica) dell'oggetto stesso e' una capacita' che non si impara su un libro, ma si apprende sul campo, sviluppando anche una certa sensibilita' rispetto ai "capricci" del tuo pezzetto di silicio o del tuo cristallo.
Ti segnalo questo vecchio articolo del CERN Courier (http://cerncourier.com/cws/article/cern/28519) in cui si parla di un'interfaccia che era stata sviluppata per rendere i dati di D0 disponibili pubblicamente. Non so in che stato sia la cosa - il link non funziona piu' - ma l'articolo ti spiega un po' di questi concetti.
Ettore dice
Si, credo di capire quello che mi dite, ma immagino che quando ci siano collisioni e dal rivelatore escono dati e questi dati vengono memorizzati ed immessi nella grid... questi dati siano già belli che calibrati... nel senso che pinco pallino, fisico affliliato atlas che stà in burundi, accede ai dati di atlas sulla grid e li studia... ma non deve calibrarsi i dati, i dati sono già calibrati dalle persone che sono fisicamente li al cern a fare proprio questo... no?
Se non è così allora ho capito proprio male io...
Il fatto è che normalmente (per esempio) io uso un oscilloscopio, lo compro già tarato e faccio le misure (ogni tot poi lo faccio ritarare o comunque mi faccio dire di quanto sbaglia) voi invece "l'oscilloscopio" ve lo costruite da soli e dovete quindi anche tararvelo da soli, ma una volta calibrato i dati sono quelli ed in teoria sono giusti... (a meno di ritocchi dovuti a deterioramento, rotture e quindi sostituzioni di componenti che non si comportano tutti allo stesso modo...)
Comunque non voglio fare flame sull'argomento... mi fido di quello che dite... il fatto è che forse i metodi di lavoro sono diversi e quindi quello che per voi è scontato per altri non lo è... e vice versa 😉
Manu dice
Ettore, i dati non sono calibrati - abbiamo N (con N grande a piacere!!!) database in cui vengono immesse tutte le costanti di calibrazioni che poi i programmi di analisi appiccicano ai dati grezzi. E queste costanti vengono magari ottimizzate e cambiate sotto la tua seggiolina, ad esempio perche' in certi casi la bonta' della calibrazione migliora con la statistica accumulata.
Quindi dal burundi tu accedi ai dati ma anche a questa palata di costanti varie.... Ok, tu dici che allora potremmo rendere pubblico tutto cio', dati grezzi+calibrazioni... naaaaaa.... Conta che non solo per i dati c'e' "proprieta' intellettuale"...ma anche per il software che li spacchetta e li ricostruisce...crederai mica che il software di ATLAS lo sa girare uno di CMS e viceversa?!? 😉
Insomma, si', e' complicato...
Marco dice
Ettore, quello che è importante aggiungere al commento di Manu è che la "calibrazione" nel nostro caso è una parte importante, se non la maggior parte, dell'analisi stessa dei dati. Ergo, mica te la regalo, così tu ti limiti a fare il grafico finale e ti pigli il merito!
Ettore dice
E va be ... non mi dilungo oltre ... il fatto è che do per scontato cose che non dovrei dare per scontato ...
P.S: (certamente ognuno sviluppa hardware, software e firmware per conto proprio ma immaginavo ci fosse una sorta di standardizzazione nello sorage dei dati... che so, un file word posso aprirlo con word o con openoffice, nel primo caso ho 100% di compatibilità nel secondo no, ma il file è lo stesso... ma non è cosi :D)
Ettore dice
Perfetto Marco a anche manu, ora ho capito!
Ripeto... io lavoro per una industria, dove la misura è già precisa... per me il concetto di calibrazione è un qualcosa di scontato negli strumenti che uso.
oca sapiens dice
Avrei molto più di 2 cents
- chiusura tra comunicazione istituzionale e blog di chi lavora per l'istituzione. La manterrei, i blog possono essere sullo stesso sito - a Repubblica s'è risolto con "blogautore" - ma la distinzione serve a tutti, compresi i lettori che sospettano le autorità di raccontare frottole.
- blogosfera, cerchia di notizie e di pochi ecc: qualcuno ha idea di quanta gente legge di ricerca* sui blog di ricercatori, e mai su altri media?
- sito interattivo: avrebbe fatto comodo durante le difficoltà dell'LHC, per rispondere a curiosità e preoccupazioni e smentire le bufale. Vedi quello della NASA sul clima
- pettegolezzo: da maneggiare con cura, ma ai cronisti fornisce a good story, l'occasione di spiegare per es. la non condivisione o l'interpretazione dei dati.
- mestiere: per i blogger a tempo pieno e retribuiti senz'altro. Per gli altri è diario, bloc-notes, megafono ecc.. Vedo che il non-mestiere lascia liberi di provare tanti modi di comunicare. Tanto più se da scienziati si è costretti nella gabbia di un linguaggio molto formalizzato.
Mi fermo, ma il post e i commenti mi fanno pensare, grazie!
*intesa come in progress, warts and all
davide dice
finalmente ho ritrovato il link:
http://cms-secr.web.cern.ch/cms-secr/Documents/CMS_blogs_guidelines.html
è già da un po' di tempo che ci era arrivata la mail con le guidelines. Immagino ci sia qualcosa di analogo (se non identico) per Atlas. Insomma i confini sembrano già attivi...
🙂
d
davide dice
per Ettore
aggiungo in più che i due esperimenti sono diversi proprio perché si "controllano" a vicenda. Mi spiego: metti che Exp1 "domani" dice che ha visto la particella "42", ma Exp2 che ha la stessa statistica non la vede... uno dei due "sbaglia". È il principio di riproducibilità della scienza.
Immagino che poi "ovviamente" a un certo punto della faccenda si uniranno le statistiche per una "certezza" (livello di confidenza) maggiore.
pd: mi scuso per le molte virgolette, ma le uso quando nascondo processi non banali con parole inappropriate. Non ho bene ancora a fuoco quello che mi sembra un compromesso tra divulgazione e precisione e non vorrei incappare in incomprensioni. Magari un giorno Marco mi spieghi come si fa :))))
Marco dice
Oh si, ovviamente anche noi abbiamo una policy simile. Anche se a me sembra che molto spesso il buon senso basti e avanzi, se lo scopo del blog è diffondere la scienza (e la passione per la scienza) e non incrementare i contatti per pura vanagloria. Ma ognuno ha il suo stile, ovviamente.
davide dice
...devo dire che ero rimasto abbastanza basito quando mi erano arrivate queste linee guida... effettivamente anche io puntavo al buon senso. Ma il mondo è vario, e fanno bene a tutelarsi (anche se sono solo linee guida).
per effettivamente mettermi in gioco sul post:
credo che i blogs di scienziati appassionati siano il legame migliore con il pubblico anche se non su vastissima scala (quello è secondo me raccolto da pubblicazioni cartacee versione "libro divulgativo del momento che tira tantissimo"). Il blog ha il vantaggio di raccogliere gente interessata, che è disposta a "smazzarsi" un po' di più per capire cosa sta succedendo. Ha il contro che non ha nessuna ufficialità e quindi è suscettibile agli "andamenti di mercato"... non è certo un long-seller (per fare un paragone col mondo dei libri) come possono essere i siti istituzionali.
Mi pare un mezzo ben definito nei suoi scopi e possibilità...
GIGI dice
Torno ora da Milano, dove alla Tiennale ho visto una bellissima mostra di Roy Lichtenstein. (la consiglio).
In una sala, davanti ad una grande tela, una visitatrice si è chinata sulla targhetta esplicativa ed ha letto: Laocoon. Si è rialzata ed ha mormorato: "Laocon, ma chissà, sarà un mito greco".
Mia moglie ed io siamo rimasti basiti. Nell'opera di R.L. era ritratto chiaramente il grande gruppo marmoreo, eppure non era stato riconosciuto!
Immagina una mattina di mezzo milennio fa, Giuliano da Sangallo bussa alla porta di Michelangelo Buonarroti e lo trascina con sè sul colle Oppio, dove dei contadini hanno appena ritrovato e stanno scavando per diseppellire una grande scultura antica: è appunto il Laocoonte, sepolto per un millennio e mezzo presso la casa di Nerone e ritornato alla luce e agli occhi del mondo. Una delle sculture più famose che esistano. Eppure quella signora, che pure si interessava di arte, non lo conosceva!
Cosa voglio dire con questo? direbbe l'assessore Cangini di Zelig.
Posso parafrasare Feynmn?
Ragazzi, c'è un mucchio di gente là in fondo!
Provate a chiedere in giro, alla gente al bar o per la strada se sanno cos'è il Modello Standard.
Vi andrà bene se non vi diranno che è un modello di water closed.
(vedi: http://www.idealstandard.it/scheda.aspx?res=17 )
C'è un bisogno spaventoso di DIVULGAZIONE SCIENTIFICA !!!
Non comunicazione tra addetti ai lavori, non sterili e lagnose polemiche tra patiti più o meno esperti e ricercatori puntigliosi, non blog scritti in inglese. O meglio, oltre quello e prima di quello, tanta, tanta divulgazione che inizi dalle basi, che possa incuriosire, interessare, appassionare quelli che avrebbero curiosità di sapere, ma che non hanno nulla e nessuno che possa attirarli. Che non sanno nemeno dell' esistenza di certe cose: il MS o il Laocoonte che sia.
Marco, ti prego, dedica più tempo ad Oliver e a noialtre bestiole ignoranti che ti scodinzoliamo attorno. E voi tutti che leggete e apprezzate questo blog chiedete a gran voce e senza tregua a giornali, riviste, televisioni -a chiunqe- più divulgazione della fisica!
Basta dinosauri, squali e... seghe mentali!