Ieri e oggi sono stato in visita all'Università degli Studi di Milano per la discussione della tesi di dottorato di uno studente che ho co-supervisionate negli ultime tre anni (congratulazioni Simone!). È stato un po' un ritorno a casa, avendo io fatto il dottorato e due anni di assegno di ricerca proprio in Via Celoria, orma ben 12 anni fa. Nonostante il tempo passato, il mio cervello sembrava ricordarsi benissimo dove stavo nell'edificio che ospita i dipartimento di fisica. Per due giorni mi sono così ritrovato a entrare inconsciamente in quello che all'epoca era stato il mio ufficio, e a profondermi ripetutamente in scuse ancora con gli attuali occupanti: la memoria ha delle qualità a volte sorprendenti! Mi ricordavo anche la qualità discutibile del cibo del bar di fisica, confermata a distanza di anni nonostante i cambi di gestione, ma questa è un'altra storia...
Come si usa in queste occasione, i miei colleghi milanesi mi hanno invitato a tenere un seminario. Pensavamo inizialmente a una carrellata degli ultimi risultati di ATLAS, ma dopo un po' di discussioni gli amici si sono detti più interessati a qualcosa legato alla divulgazione e comunicazione della fisica: le recenti diatribe su come si può (o non può) parlare di scienza sui social sembravano infatti l'occasione giusta per fare il punto. Ne è venuta fuori una chiacchierata interessante, che mi ha richiesto parecchio studio e preparazione, ma che si è dimostrata utile e stimolante per tutti quelli che sono venuti a sentirmi pontificare.
Sarebbe bello potervi offrire una trascrizione dell'intervento, ma mi ci vorrebbe troppo tempo e fatica. In compenso, posso regalarvi la foto dello schema che ho messo in piedi dopo aver studiato e letto tutti gli articoli che avevo messo da parte per l'occasione, che potrebbe darvi un'idea del flusso di idee che ho provato a affrontare.
Ci sono poi anche le slide dell'intervento. Come ho già avuto modo di dire in altre occasioni, le slide (o perlomeno le mie slide) sono solo un supporto, e senza il conferenziere servono a poco. Nel caso specifico però sono anche infarcite di link e citazioni, messe apposta per invitare gli astanti a approfondire, leggere, meditare oltre quel poco su cui ho sorvolato io oggi. Le metto anche qui, per i curiosi che volessero dare un'occhiata.
cloc3 dice
scusa, nel campo sotto alle slide è scritto: "1 of 108".
???
le hai commentate tutte tutte ai presenti?
Marco dice
Certo! 😉 Le hai guardate? Il numero delle slide resta una metrica veramente poco affidabile per valutare la lunghezza di un intervento, specie se molte contengono una sola immagine o pochissimo testo (come le mie in queste occasioni)
cloc3 dice
se le ho guardate?
certamente, oppure non avrei scritto.
ma per la verità non tutte.
🙂
come hai detto anche tu, sono ricche di link e di spunti.
secondo me il numero delle slide è uno dei parametri indicativi della qualità di una esposizione, ma normalmente pesa in relazione inversa. il 108, buttato lì a freddo, ha un sapore catastrofico, che strappa una battuta di getto.
Marco dice
@cloc3: e infatti i numeri di pagina (che di solito metto nelle slide delle presentazioni scientifiche di lavoro) non ci sono, altrimenti l'audience si prenderebbe un coccolone immotivato 🙂
Isabella dice
Marco dovremmo farti un monumento 🙂
Prima o poi riuscirò ad incontrarti di persona ed offrirti la famosa pizza ^_^
juhan dice
Concordo con cloc3. Peccato siano mute, immagino la colonna sonora ????
juhan dice
il blog mi ha mangiato l'emoji nel commento precedente. ma ben 4 punti interrogativi fanno la loro figura, vero?