Se durante le libagioni pasquali avete gettato lo sguardo su qualche social network, probabilmente avete già intercettato la notizia. La mattina di Pasqua, dopo aver risolto i problemi che ne avevano ritardato la partenza, LHC ha finalmente ripreso le attività: i primi protoni sono circolati nell'acceleratore, e hanno attraversato (e colpito!) i quattro esperimenti.
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Se volete rivivere l'emozione della ripartenza, vi lascio andare a rileggere la cronaca in diretta. Qui invece proverò a chiarire un paio di aspetti di quello che è successo ieri, a spiegare che cosa è stato fatto e perché, e a dirvi come le cose dovrebbero evolvere nelle prossime settimane.
Un settore per volta. I protoni che circolano dentro LHC viaggiano a velocità prossime a quelle della luce (quanto prossime? Dipende dalla loro energia: qualche anno fa avevamo fatto insieme i calcoli). All'energia nominale dell'acceleratore, percorrono i 27 chilometri dell'anello ben 11000 volte al secondo. Lo ripeto, perché risuoni bene: percorrono un anello di ventisette chilometri undicimila volte al secondo! Come potete immaginare, a queste velocità non è banale mantenerne la traiettoria, ragione per cui LHC è dotato di una complesso sistema di controllo e "guida" dei fasci. Quando si (ri)accende un acceleratore di questo genere, i primi protoni non fanno dunque mai un giro completo al primo colpo, perché il sistema di controllo e guida deve essere (ri)tarato. Inizialmente i protoni avanzano un settore dell'acceleratore alla volta: ognuno degli otto settori che formano LHC viene aggiunto successivamente alla traiettoria, verificando di essere in grado di controllare il percorso corrispondente. Prima di concludere il primo giro completo, può dunque volerci parecchio tempo: potete quindi immaginare l'entusiasmo dei macchinisti quando, per la prima volta, i protoni tornano finalmente al punto di partenza. Nell'immagine qui sotto vedete due punti verdi su uno sfondo rosa: sono le tracce del passaggio di un pacchetto di protoni dallo stesso monitor di posizione: i protoni hanno fatto un giro completo, tornando (circa) nella stessa posizione! Evviva!
Una volta riusciti a controllare la circolazione dei fasci settore per settore, viene il momento dei "beam splash". L'idea è la seguente: si conduce un pacchetto di protoni fino alle soglie di uno dei punti dell'acceleratore dove alloggia un esperimento, e, per l'occasione, proprio in quel punto si tengono chiusi i collimatori del fascio. I collimatori sono delle finestre che servono a schermare quelle particelle del fascio che viaggiano troppo lontane dall'asse centrale, in modo che che solo quelle ben centrate vadano a collidere nel cuore degli esperimenti. Normalmente sono aperti a sufficienza perché la maggior parte dei protoni passi e giunga all'interno dei rivelatori: chiudendoli completamente, si mette invece una barriera tra tutte le particelle del fascio e il detector. Il risultato è che tutti i protoni sbattono contro la finestra chiusa, generando un enorme spray di particelle secondarie che investono il rivelatore... da un lato! Un evento di "beam splash" illumina dunque di particelle tutte le sezioni del rivelatori, sebbene le particelle arrivino dalla parte sbagliata: i "beam splash" giungono infatti dall'esterno del rivelatore, che è invece costruito per misurare le particelle prodotte da collisioni che avvengono al suo interno. Poco male: questi eventi non servono per studiare qualche fenomeno fisico, ma per verificare che i rivelatori funzionino: tutte le zone sensibili devono accendersi, e devono farlo al momento giusto. Le particelle prodotte nel "beam splash" attraversano infatti i rivelatori in lunghezza viaggiando circa alla velocità della luce, ovvero percorrendo più o meno 30 centimetri in un nanosecondo. Gli estremi di un rivelatore come ATLAS sono separati da circa 40 metri, per cui la parte più prossima al collimatore colpito si accende decine di nanosecondi prima di quella più lontana. La misura dei tempi relativi dei vari segnali permette di verificare che tutte le parti del rivelatore siano in sincrono per particelle che arrivano dal cuore del detector. Qui sotto vedete un event display di ATLAS corrispondente a un "beam splash" di domenica mattina: il fascio arrivava da destra (i collimatori sono a circa 140 metri a monte e a valle del rivelatore, nel tunnel che precede e segue la caverna) e, come si nota, tutto il rivelatore si è in effetti acceso con un albero di Natale (o di Pasqua!).
I protoni che hanno attraversato LHC e i suoi rivelatori ieri viaggiavano all'energia di ingresso in LHC, quei 450 GeV a cui sono stati accelerati dal SPS. Il che significa che, per ora, LHC ha funzionato solo come una pista per protoni, dimostrando di riuscire a tenerli in traiettoria, ma non li ha ancora accelerati, né alle energie a cui ci ha abituati dal 2010 al 2012, né a quelle più alte a cui dovrebbe lavorare quest'anno. Le prossime settimane saranno dedicate proprio a salire gradualmente in energia, verificando che la macchina tenga la altissime correnti necessarie per curvare i protoni a quelle velocità, e che i fasci a quelle energie siano sufficientemente stabili. È un lavoro lungo e delicato, e, da quello che ne sappiamo oggi, per le collisioni vere e proprie, quelle con cui si misura la fisica, potremmo dover aspettare fino a maggio. Buona Pasquetta!
[…] infatti l’Lhc torni quello di una volta dovremmo attendere ancora qualche settimana, comericorda il fisico del Cern Marco Delmastro sul suo blog: “per ora, Lhc ha funzionato solo come una […]